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S. Martino, primo trapianto senza interrompere circolazione sanguigna

Policlinico San Martino di Genova (foto di repertorio fb)

È stato eseguito, per la prima volta in Italia, presso il centro trapianti d’organo dell’ospedale policlinico San Martino di Genova, diretto dal prof. Enzo Andorno, il trapianto di un organo senza interromperne la circolazione sanguigna al proprio interno.

Si è trattato di un trapianto di fegato salvavita in cui l’organo, per preservarne al meglio la funzione, non ha mai smesso di ricevere sangue durante il suo passaggio dal donatore al ricevente.

L’intervento è stato eseguito l’otto gennaio scorso e la paziente è stata dimessa dopo tre settimane dall’intervento. Oggi si trova in buone condizioni di salute.

Durante l’operazione di trapianto il fegato è, infatti, rimasto costantemente irrorato dal sangue e alla stessa temperatura dal prelievo fino al suo reimpianto con importanti vantaggi durante e dopo la fase operatoria.

L’innovativa tecnica, eseguita anche grazie all’utilizzo di una macchina per la perfusione degli organi, di cui il Policlinico è dotato, si è dimostrata efficace nel ridurre le possibilità che l’organo subisca danni in fase di prelievo o di trapianto e nel garantire una migliore conservazione di tutte le caratteristiche dello stesso con una ripresa immediata della sua funzione nella ricevente.

“La ricerca scientifica e tecnologica nell’ambito trapiantologico – ha spiegato l’assessore regionale alla Sanità Angelo Gratarola – in questi anni ha cercato strategie utili a garantire il trapianto di organi che fino a qualche anno fa non sarebbero stati impiegabili perché considerati marginali, non idonei, a rischio. La riduzione sensibile dell’ischemia tra il prelievo e il trapianto, o addirittura la sua abolizione attraverso tecniche di perfusione, garantisce maggiormente il successo dell’intervento”.

“Nonostante la complessità dell’intervento e le condizioni di partenza decisamente critiche – ha aggiunto il prof. Adorno – la paziente a 72 ore dall’intervento ha potuto lasciare la terapia intensiva tornando nel reparto di degenza ordinaria, da dove è stata poi dimessa tre settimane dopo l’intervento”.