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Caro Pier Paolo quanto ci manchi

Caro Pier Paolo quanto ci manchi
Pier Paolo Pasolini (Foto di Gideon Bachmann Archivio Cinemazero Pordenone)

Lo scrittore Pier Paolo Pasolini fu assassinato a Ostia la notte del 2 novembre 1975, all’età di 53 anni

Non c’è quotidiano o tv che oggi non scriva o parli di Pier Paolo Pasolini. E’ giusto perché Pasolini è stato una delle figure più importanti della cultura del Novecento e non intendo solo di cultura italiana.

Ne si parla perché ai suoi tempi è stato più contrastato che capito e ci voleva la sua morte tragica per farlo apprezzare? Non credo. Già negli anni Sessanta e Settanta in cui ha maggiormente prodotto era apprezzato e, osiamo dire, anche temuto, perché quella libertà di pensiero ed espressione che si è portato dentro tutta la vita ha messo in soggezione tanti suoi contemporanei.

Pasolini con la mamma Susanna

Certo, perché chi è libero fa paura a chi ha scelto invece di omologarsi al sistema per convenienza o perché dentro di sè non c’è altro che trarre conforto e stabilità anche in quello che non si gradisce a fondo. Lui no, non lo ha mai fatto e per questo ci è morto.

Una specie di Gesù Cristo, potremmo dire, sperando di non offendere i benpensanti cattolici che mai hanno approvato il suo stile di vita  tra prostitute e ragazzi di vita. Ragazzotti che frequentava assiduamente, aiutava economicamente e di cui amava oltre al corpo anche quella genuinità degli ingenui, dei puri.

Quella primitività che solo nei giovani di borgata pensava esistere ancora. Si convinse in seguito che anche questo non era più così, che anche loro, i ragazzi incolti e barbari, erano attratti da quello che prometteva il sistema capitalistico e ne rimase deluso. Andò in Africa sperando che almeno lì ci fosse ancora quell’incontaminazione che crea poesia, ma non la trovò neppure nel continente dei deserti e allora comprese quello che noi stiamo capendo solo oggi, che il mondo si stava avviando verso un modello di civiltà che prevede le 5 “C” della globalizzazione: Conflitto, Competizione, Convergenza, Contaminazione che si sintetizzano in un’altra C onnicomprensiva: Complessità. 

Pasolini era perfettamente cosciente che un mondo globalizzato, con i suoi mezzi di comunicazioni ultraveloci avrebbe totalmente modificato non solo le nozioni di tempo e di spazio rendendo tutto contemporaneo a sé stesso, ma che avrebbe soprattutto modificato e avvelenato i rapporti umani, i sentimenti gli uni verso gli altri. Che  ci stavamo avviando verso un mondo senza nessun valore vero , senza poesia. E l’essere umano senza poesia è morto.

Lui stesso scelse così la morte che tutti noi oggi siamo a ricordare in questo cinquantenario. Una morte terribile, brutale, torno a ripetere, come quella di Cristo. Si è messo sulla croce perchè capissimo che siamo noi a sbagliare perché è ancora giusto morire per i propri principi, per il proprio senso di libertà, per amore.

Solo l’amore è salvifico e, a cinquant’anni dal triste evento, possiamo dire che ha vinto lui. Il suo amore ci ha contaminati e per questo adesso, noi, pur ammorbati dalla globalizzazione, amiamo quello scrittore scomodo, ma dal carattere mite, dolce nella voce e nell’animo, ma soprattutto quel ricercatore di verità, quel profeta mai ascoltato o ascoltato troppo poco, che ci aveva preannunciato che siamo tutti in pericolo.

In pericolo di cosa? Di smarrire la coscienza, come consapevolezza di sé, quell’insieme di pensieri, sentimenti, percezioni che costituiscono l’esperienza soggettiva di ognuno di noi. Grazie Pier Paolo. Francesca Camponero