Continua al Teatro Duse il successo di Le Dieu du carnage di Yasmine Reza per la regia di Antonio Zavatteri.
Due coppie di genitori si incontrano per un “confronto civile” sulla lite fra i loro figli undicenni: Ferdinand, il figlio dell’avvocato Alain Reille e di Annette sua moglie, ha picchiato Bruno, il figlio dell’altra coppia, con un bastone in faccia rompendogli due denti.
La scena ha pareti bianche, un grande divano bianco, mobiletti scuri essenziali e un vaso di tulipani di elegante freddezza, un bon ton marcatamente borghese.
La scrittrice Reza ha centrato il proprio lavoro sulle dinamiche di coppia: prima una coppia contro l’altra, poi le liti fra coniugi, poi tutti contro tutti! Si comincia con una accoglienza dalla cortesia quasi esagerata per arrivare, complici gli effetti del troppo alcol bevuto, alla “verità”, al clima feroce del culmine: il desiderio di sopraffazione e di soppressione dell’altro.
Un gioco al massacro, appunto. Dal debutto a Zurigo nel 2006, poi a Parigi, Londra, New York, in Italia nel 2009, lo spettacolo ha sempre mantenuto il suo piglio caustico e trascinante.
L’azione ha un ritmo incalzante, mutevole e pieno di sorprese, grazie all’abilità di Zavatteri e del cast, centrato sul disegno delle psicologie nevrotiche e fasulle dei personaggi, appena nascoste sotto il velo della convenienza sociale ( un velo pietoso pieno di buchi…).
Tanto da far dimenticare quello che è il tema centrale dell’incontro, la lite originata dalle carenze educative nei confronti dei figli.
Zavatteri recita la parte, che veste a pennello anche nella fisicità, dell’avvocato distaccato e saccente, che dosa gesti e parole, camaleontico nell’aggredire e minimizzare. Francesca Agostini azzecca perfettamente il ruolo di Annette, sua moglie : è proprio la coppia di genitori del fanciullo aggressore a promunciare le parole più assurde e crudeli. Molto bene anche le performances dell’altra coppia, Andrea Di Casa (Michel) e Alessia Giuliani (Véronique), quest’ultima paladina, a parole, dei rapporti “civili”.
Una bella squadra di attori affiatati, tutti provenienti dalla Scuola di Recitazione del Teatro di Genova.
Commedia o tragedia? Lo stesso regista dichiara: “Le Dieu du carnage è certamente una commedia e io vorrei che si ridesse di questi esseri orribili.
Ma vorrei anche che il carattere dello spettacolo prescindesse dai generi e dalle categorie e che si fluttuasse da un genere ad un altro esattamente come succede nella realtà”.
Anche i suoni domestici, la macchina del caffè, il phon, sono “musica”, che si integra con le parole e i movimenti dei personaggi.
Gli spettatori ridono molto per gli spunti comici improvvisi ed irresistibili, tuttavia si riconoscono nei personaggi: questo spettacolo centra in pieno il significato della catarsi, che libera ma inizia dalla consapevolezza per arrivare ad autoanalizzarsi e correggersi (forse).
E’ in scena il contraddittorio, se non c’è non c’è neppure teatro (e, nella vita reale, se manca il parere di entrambe le parti manca anche la ricerca della verità).
Insomma, Carnage si può definire il tragico nella commedia, la commedia nel tragico. Si ride di cuore e amaramente fino alla fine, perchè amara è sempre la perdita di dignità, nella vita e in questo finale, tutt’altro che consolatorio. Ma in fondo il messaggio che si intravede è capire le ragioni di tutti.
Traduzione di Laura Frausin Guarino e Ena Marchi, costumi di Anna Missaglia, luci e scene di Nicolas Bovey.
Dopo Genova lo spettacolo sarà in tournée: a Torino (Teatro Gobetti) dal 13 al 18 gennaio; Novi Ligure (Teatro Marenco) il 20 gennaio; Pinerolo (Teatro Sociale) il 21 gennaio; Aosta (Teatro Splendor) il 23 gennaio; Bassano (Teatro Remondini) il 9 e 10 febbraio; Firenze (Teatro Nuovo Rifredi) il 12 e 13 febbraio; Vignola (Teatro Fabbri) il 15 febbraio; L’Aquila (Teatro Ridotto) il 19 e 20 febbraio.
Repliche fino a domenica 14 dicembre, durata 80 minuti, da non perdere. ELISA PRATO



















































