Una vertenza nazionale che esplode a Genova
È rottura completa tra Governo e sindacati sul futuro dell’ex Ilva. Nello stabilimento di Cornigliano, come negli altri impianti italiani, è stato proclamato uno sciopero con assemblea dei lavoratori dalle 8 del mattino, una mobilitazione che arriva dopo giorni di confronto serrato e due riunioni ravvicinate a Palazzo Chigi tra Esecutivo, commissari straordinari e rappresentanze sindacali. L’esito degli incontri è stato definito un nulla di fatto dalle sigle metalmeccaniche, che denunciano l’assenza di un piano industriale credibile e la prospettiva di migliaia di lavoratori sospesi.
Il nodo principale riguarda l’ipotesi di estendere in modo significativo la cassa integrazione, arrivando – secondo le stime avanzate dai sindacati – fino a 6.000 addetti interessati a livello nazionale. Le organizzazioni sindacali accusano il Governo di aver presentato un progetto che, nei fatti, equivarrebbe a un percorso di dismissione del polo siderurgico italiano. Da Palazzo Chigi, però, arriva una versione opposta: l’Esecutivo ribadisce di aver accolto “la principale richiesta” emersa dal confronto con i sindacati, assicurando che non ci sarà un’ulteriore estensione della cassa integrazione e che verranno invece attivati percorsi di formazione per i lavoratori già coinvolti negli ammortizzatori sociali.
Cornigliano al centro della protesta: “A rischio mille posti di lavoro”
A Genova, la situazione è particolarmente delicata. I delegati di Fiom, Fim e Uilm affermano che il piano illustrato dal Governo rischierebbe di determinare la chiusura dello stabilimento di Cornigliano, con mille posti di lavoro a rischio e un impatto drammatico per altrettante famiglie. Una prospettiva che, secondo le sigle, segnerebbe la fine della siderurgia nella città e nel Paese, azzerando un comparto strategico per industria e autonomia produttiva.
I sindacati chiedono un intervento rapido e deciso da parte delle istituzioni locali, invitandole a non restare in silenzio. Sottolineano inoltre che dal 1° gennaio il numero di lavoratori in cassa potrebbe salire a 6.000 per almeno due mesi, come già emerso nel precedente tavolo di confronto, per poi arrivare – secondo Uilm – alla fermata totale degli impianti dal 1° marzo.
Verso 24 ore di sciopero nazionale
La decisione di proclamare uno sciopero di 24 ore in tutti i siti dell’ex Ilva è arrivata dopo un’assemblea particolarmente partecipata, nella quale i lavoratori hanno condiviso preoccupazioni e richieste di maggiore chiarezza sul futuro produttivo del gruppo. Alla mobilitazione si aggiunge il sostegno del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che ha ribadito la necessità di ritirare il piano presentato dal Governo e ha chiesto un intervento diretto della presidente del Consiglio.
Sulla stessa linea anche Ugl e USB, che parlano di un rischio sistemico per tutta la filiera metallurgica italiana e di un approccio governativo che, a loro avviso, non garantirebbe continuità industriale né tutela occupazionale.
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