Siamo sinceri chi non ha mai voluto dire in faccia a qualcun altro quello che pensa veramente e per le convenzioni imposte dalla società e dal bon ton non lo ha mai fatto? Penso tutti. Ebbene la commedia di Yasmina Reza, Le dieu du Carnage è come se mettesse in pratica questi desideri nascosti in ognuno di noi, quelli liberatori e bestiali che appunto l’uomo”civile” tiene nascosti, o meglio sedati, perché è giusto rimangano lì, in cantina.
Le dieu du Carnage è la commedia della verità tra i rapporti di coppia, ma anche tra amici. Insomma al mondo non tutto è splendido come sembra, non siamo nella pubblicità del Mulino Bianco della Barilla, ed è giusto far vedere anche questo, e non a caso questa piece, che ha debuttato nel 2006, ha vinto i più importanti premi internazionali (Prix Molière e Tony Award) e sbancato i botteghini di tutto il mondo, a partire da Parigi, Londra e New York. L’autrice infatti dimostra una sapienza unica nel cogliere e ritrarre gli squarci dei veli che ricoprono la barbarie delle creature umane. Tutto nasce da un episodio fra bambini che, come succede spesso, litigano tra di loro e giungono alle mani. Il fatto è che qui uno dei due è andato oltre: con un bastone ha spaccato due denti al compagno colpendolo in faccia. Le due coppie di genitori cercano di arrivare ad una pacifica soluzione dell’accaduto, ma l’incontro che inizialmente sembra parta coi migliori presupposti di accoglienza e comprensione, si trasforma in un vero e proprio carnage. Sotto quelle maschere appare il ghigno del nume efferato e oscuro che ci governa sin dalla notte dei tempi: il dio del massacro, appunto.

Ieri, martedì 2 dicembre, al teatro Eleonora Duse di Genova c’è stata la prima nazionale di questa commedia poco rappresentata in Italia che resterà a cartellone fino al 14 per poi andare in tournèe nel 2026. Una produzione del Teatro Nazionale di Genova che vede la regia di Antonio Zavatteri che interpreta anche uno dei quattro protagonisti , Alain Reille, assieme a Francesca Agostini (Annette Reille), Andrea Di Casa (Michel Houlliè)e Alessia Giuliani (Veronique Houlliè).
Zavatteri conduce il gioco al massacro dei quattro con classe ed ironia, quelli giusti per trattare un argomento del genere che, se non condotto a dovere, potrebbe scendere in una rissa becera e volgare. In fondo i quattro sono tutte “persone per bene”, educate: Alain è un avvocato, sua moglie Annette una consulente patrimoniale, Michel un grossista di articoli casalinghi, mentre sua moglie Veronique è una scrittrice che si occupa di arte e fotografia. Ma questo vuol dire ben poco quando non si riescono a frenare gli istinti scaturiti da quella mezza parola che giunge stonata, quell’atteggiamento irritante, quell’essere insopportabili l’uno all’altro anche quando in fondo ci si vuole bene, perchè quelle coppie si amano.
E allora cosa ci sta sotto? Zavatteri legge il testo di Yasmina Reza come va letto, ovvero come descrizione di un certo tipo di borghesia, medio colta (affine a quella ritratta in Le Prénom , altra commedia felicemente da lui diretta) in cui si contrappongono stili di vita, di pensiero e di ideali. Ma le caratteristiche di ogni personaggio sono più di relazione e di personalità che non di appartenenza culturale e di politica. E qui torniamo a quanto detto in principio, la natura umana, sotto la superficie perbenista, nasconde il desiderio di sopraffazione e annientamento dell’altro. Una visione pessimistica , certo, ma reale.
Bravissimi tutti gli attori che recitano in una maniera molto semplice e diretta, più da cinema che da teatro, dando ad ogni personaggio il giusto tratteggio. Sobria e calzante la scenografia del salotto in cui si svolge il tutto in poco più di un’ora e mezza di Nicolas Bovey, che cura anche le luci, e adeguatissimi i costumi di Anna Missaglia che rispecchiano personalità e mestiere di ognuno. Spettacolo sicuramente da non perdere. Francesca Camponero
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