Argomentando brevemente sulla memoria, è utile avviare la riflessione menzionando in ordine sparso la teorica portata delle seguenti affermazioni: “vive meglio chi non ricorda tutto” (cit. Ilja Ehrenburg), “meglio scivolare sulla vita che calarvisi dentro” (cit. Michel De Montaigne), “se vuoi essere felice non frugare nella memoria” (cit. Emil Cioran).
Tale portata pare sovvertire la comune opinione, per cui la capacità di memoria è sempre un virtuoso presente indicatore di un brillante intelletto, pacificato e soddisfatto in quanto tale.
In merito, va sempre considerata la laterale possibilità che la capacità di memoria, la cosiddetta memoria di ferro alla Pico della Murandola, ammessa e non concessa la diretta coniugazione con un intelletto fervido, disponga il titolare ad un surplus di fatica mnemonica, nella misura in cui doverosamente interviene ad incamerare e incasellare ogni elemento spicciolo del vissuto, finendo per accumulare e trasportare, similmente ai vagoni di una motrice, un polveroso carico di inutili narrazioni.
In soldoni, la memoria, da fenomenale talento può diventare per il titolare un fenomenale modo di impegnarsi vana-mente.
La memoria, se non ragionevolmente arginata, non esita a costituire il luogo ideale di arrembaggio di un io-clandestino, i cui dispetti consistono, per un verso, nel costante bisogno nostalgico di recuperare il passato (nostalgia, dal greco, significa dolore nel ricordo) e, per l’altro, nel giornaliero accumulo di dati di cronaca personalizzata, come tasselli di un colossale puzzle autobiografico.
Tali dispetti protendono all’ arrembaggio piratesco da parte di una memoria sistematicamente ritentiva: trattasi della memoria che vive dell’esperienza passata e che, nel contempo, si prodiga nell’ osservare, memorizzare e riportare, nel presente, anche un qualsivoglia particolare irrelato.
A ribadire il concetto, la memoria di ferro frequenta per sua logica luoghi inospitali, in cui risiede il rischio di trovarsi all’improvviso dinanzi all’angosciato dilemma: “quanto ricordo di me stesso sono in grado di sopportare?” (cit. Robert Frost).
Dunque, onde evitare tale sovrappeso, andrebbero limitati sia il costante recupero di circostanze passate, sia l’ investigare sul perché e per come di circostanze presenti, nella misura in cui incorre l’ urgenza di ri-percorrerle e ri-elaborarle.
In sostanza, potendo scegliere, meglio funambolare tra il memorioso & il decoinvolto. Massimiliano Barbin Bertorelli
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