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Ramadan: donne rinchiuse in un recinto. Le foto choc. E a Genova nuova moschea

Fine Ramadan in piazza a Roma: donne rinchiuse in un recinto

Eurabia, diritti delle donne e discriminazione. Mentre a Genova fa già discutere il progetto di costruire una “nuova moschea” da 1200 metri quadrati, in realtà un grande nuovo centro islamico, che un’associazione culturale musulmana vorrebbe realizzare fra Teglia e Rivarolo e per cui sono in corso trattative con il proprietario dell’edificio, spuntano le foto choc delle donne chiuse in un recinto a Roma per la festa di fine Ramadan.

Le foto choc che discriminano pubblicamente le donne, inequivocabili, sono state pubblicate sui social network e da alcuni quotidiani, come Il Giornale, Il Tempo e Il Secolo d’Italia.

Mentre gli uomini musulmani pregano, le donne musulmane con il velo vengono rinchiuse in una sorta di “rete da pollaio” con tanto di telo oscurante. E il tutto accade su una pubblica piazza di Roma, nel quartiere Centocelle, la Capitale d’Italia.

Se la sinistra tace sui fatti, le foto choc sono state rilanciate su fb anche da Fabio Rampelli, esponente di Fratelli d’Italia e vicepresidente della Camera dei Deputati.

Nella festa che ha coinvolto i fedeli dell’Islam provenienti da tutta Roma, le foto choc mostrano gli uomini inginocchiarsi e pregare Allah. Le donne, invece, sono rinchiuse in un recinto e sostanzialmente “discriminate” con tanto di telo oscurante.

Il messaggio discriminatorio del presunto “Islam moderno” tanto sbandierato dalla sinistra sembra essere piuttosto chiaro. Alle donne viene vietato di osservare il settore degli uomini in preghiera perché considerate “esseri inferiori” e non possono avere alcun accesso né diretto né indiretto all’osservazione della fede?

“Le donne – ha spiegato il vicepresidente della Camera dei Deputati Fabio Rampelli (FdI) – sono rinchiuse in un recinto e discriminate, non possono pregare, ma neppure guardare gli uomini chini verso la Mecca. Si potrebbe obiettare che esiste una libertà individuale, domestica o al limite religiosa che consente a ciascun cittadino di fare ciò che vuole se non infrange l’altrui libertà nella sua casa, nella sede di un’associazione.

Già, ma i fatti sono successi in piazza dei Mirti a Roma, sul suolo della Repubblica italiana, dove a nessuno dovrebbe essere consentito di violare le sue leggi e i suoi precetti costituzionali, rischiando di indurre altri cittadini a comportarsi in modo analogo.

È giusto far esibire pubblicamente a un gruppo di professanti la reclusione illegale e incostituzionale della donna in quanto tale e la menomazione dei suoi diritti primari? La risposta è certamente chiara: non è giusto. Ed è legale? Qui comincia invece il mistero.

Nel frattempo, non si trova una sola donna di sinistra, non dico una femminista, che s’indigni e protesti. Diritti al rovescio”.