“Il voto con scheda bianca che esprimerò oggi in consiglio comunale a Genova per la presidenza non è un gesto simbolico, né un capriccio personale. E’ un atto politico consapevole e coerente. Dopo anni di lavoro nei quartieri del Centro Ovest, dopo una campagna elettorale condotta con impegno e onestà, e dopo aver raccolto 844 preferenze senza alcun sostegno strutturale, prendo atto che quel lavoro e quel consenso non hanno avuto alcun riconoscimento né peso nelle decisioni assunte dal mio partito e dai vertici della coalizione, dentro e fuori il consiglio comunale”.
Lo aveva annunciato e così ha fatto. La consigliera comunale del Pd Monica Russo, ieri a Tursi non ha votato come presidente del consiglio comunale il collega del Pd Claudio Villa.
E’ stato il primo atto tangibile in Sala Rossa delle divisioni non soltanto nella maggioranza che sostiene Silvia Salis, ma addirittura nello stesso Pd genovese.
Claudio Villa è stato poi eletto presidente al primo turno grazie ai voti dell’ex candidato sindaco del centrodestra Pietro Piciocchi e dei cinque consiglieri di Vince Genova, che hanno votato il consigliere del Pd come i colleghi della maggioranza di centrosinistra. Tutti gli altri consiglieri d’opposizione si sono astenuti e non hanno votato a favore. Villa ha quindi ottenuto 29 voti, mentre 12 sono state le schede bianche.
“Non è la mia persona – ha aggiunto Russo – ad essere stata esclusa: è una parte intera della città fatta di periferie, di lavoro quotidiano, di promesse mancate che oggi, nuovamente, non trova spazio né voce.
Per questo ho scelto la scheda bianca. Perché non posso legittimare un metodo che non ascolta, non coinvolge, e ignora il radicamento vero nei territori. Inoltre, sottolineo che neanche gli organismi di partito sono stati convocati, né la segreteria né la direzione provinciale, per farsi dare un mandato politico sulle trattative per giunta e presidente del consiglio comunale, atto che denota un problema di democrazia interna al mio partito e di spazio all’interno di esso per le voci di dissenso.
Resto nel Pd, ma non intendo più aderire passivamente a dinamiche che rispondono a logiche di equilibrio interno, anziché a quelle della rappresentanza.
Continuerò a lavorare come ho sempre fatto: nel merito delle proposte, accanto ai cittadini, con la libertà di chi non deve niente a nessun meccanismo di potere. Alla sindaca Salis auguro buon lavoro.
Genova ha bisogno di discontinuità vera e i quartieri più fragili hanno diritto a risposte urgenti. Da parte mia ci sarà sempre attenzione, disponibilità e senso istituzionale. Ma anche un impegno rigoroso, senza sconti, nel difendere chi, ancora una volta, è rimasto fuori”.