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Omicidio caruggi, esasperato dagli schiamazzi: contestato anche l’odio razziale

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Ordinanza anti alcol a Genova (foto di repertorio)

Esasperato dai continui schiamazzi sotto casa. Però, secondo alcuni amici della vittima, testimoni dell’episodio, il 63enne arciere, abitante nel Centro storico genovese, prima di scoccare la freccia che ha ucciso il 41enne peruviano avrebbe insultato lui e il suo amico.

Tra le altre cose, avrebbe urlato dalla finestra al primo piano di in vico Archivolto dei Franchi: “Andate via immigrati di m…”.

Per quella frase la procura di Genova ora contesta all’artigiano maestro d’ascia l’omicidio volontario, anche con l’aggravante dell’odio razziale e dei futili motivi.

Il pubblico ministero Arianna Ciavattini, che coordina le indagini dei carabinieri, ha disposto l’esame autoptico.

Il peruviano  è stato trafitto da una freccia usata per la caccia al cinghiale, “arma micidiale” secondo fonti investigative.

L’omicidio è avvenuto nell’area della Maddalena, adiacente a vico Mele, in una zona di spaccio di droga e mala movida, la notte tra l’1 e il 2 novembre.

Il sudamericano, colpito al fegato, è morto dopo ore di agonia all’ospedale San Martino.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la vittima era andata a guardare in un bar una partita della Champions League con un amico e a festeggiare la nascita del secondo figlio avvenuta la notte di Halloween.

Usciti dal locale, ha continuato a parlare ad alta voce e il 63enne, dalla sua abitazione al primo piano, li avrebbe rimproverati per farli smettere, insultandoli. I due avrebbero risposto con altri insulti.

Una situazione, fino a quel momento, che si verifica quotidianamente nei caruggi, soprattutto durante i fine settimana.

La vittima avrebbe tirato fuori dalla tasca lo smartphone e avrebbe fatto finta di riprendere la scena. A quel punto, l’artigiano avrebbe preso arco e freccia e scoccato il colpo.

Dai video girati dall’amico si vede il 41enne prima in piedi, sanguinante, e il 63enne immobile alla finestra con l’arco ancora in mano.

L’amico urla, chiama altri conoscenti. “Io ti avevo avvisato” dice quasi in trance l’arciere. Qualcuno gli grida “Perché?” e l’artigiano risponde “Perché offende”.

In un’altra ripresa, la vittima appare a terra e il 63enne in strada. Prima cerca di togliere la freccia e poi cerca di tornare nella sua abitazione, quando viene circondato e preso a schiaffi da un gruppo di sudamericani.

Qualcuno continua a riprendere e gli intima di non toccare nulla e di rimare fermo, in attesa dell’arrivo delle Forze dell’ordine.

Nel parapiglia spariscono il portafoglio con i documenti.

Poi l’arciere viene arrestato dai carabinieri e il ferito viene soccorso e trasportato all’ospedale San Martino, dove viene sottoposto a una delicata operazione chirurgica. Prima per togliere il dardo e poi per trapiantargli il fegato.

Purtroppo, il cuore del 41enne si è fermato quasi 12 ore dopo il ferimento.

“Era un padre amorevole e un gran lavoratore. Aveva iniziato come macellaio e poi era passato all’edilizia” ha riferito la sorella maggiore della vittima.

Oltre al piccolo appena nato, il 41enne lascia anche una figlia di 18 anni avuta da un precedente matrimonio.

La comunità peruviana si sta attivando per raccogliere fondi per il piccolo neonato.

Omicidio caruggi, esasperato dagli schiamazzi. L’arciere 63enne: non sono razzista