Fa bene all’individuo riflettere ex-ante sugli esiti in cui potrebbero impattare le singole azioni. E gli fa anche bene riflettere ex-post sulla buona e sulla cattiva qualità che hanno di volta in volta dispiegato le scelte personali, ai cui esiti hanno giocoforza contribuito.
In effetti, questa costellazione vivente di scelte e di esiti, a prescindere dalla presunta bontà dei presupposti costitutivi, solo di rado soddisfa l’ipotesi preventiva, intesa come previsionale calcolo delle conseguenze.
In proposito, soprassedere a tali riflessioni o anche comporre, come talvolta capita, una giustificazione o peggio ancora un disconoscimento di un mancato successo, esclude la possibilità periodica di mettere a sistema le scelte e gli esiti, al fine di aggiustarne via via il tiro.
E’ ovvio che l’esito del singolo agire contrassegna e contraddistingue la qualità del pensiero che lo precede e lo sostanzia.
Per metafora, un qualsivoglia disegno improvvisato su un foglio bianco, nel pre-stabilire un’ idea compositiva, smuove e stimola una successione correlata di tratti, una concatenazione di elementi a ciò finalizzati. Non a caso, per citare V. Woolf: “il primo segno sulla tela bianca apre la strada ad innumerevoli rischi e irrevocabili decisioni” .
Sia come sia, non è certo facile dichiarare il fallimento dell’obiettivo originario, come non è facile ri-conoscerne l’inconcludenza sulla base di un orizzonte di possibilità, che giocoforza tende a ridimensionarsi col passare del tempo.
Un’ azione, in ordine agli obiettivi preventivati e alle sue inevitabili ricadute, merita dunque in sé un pensiero umano calcolante, in ordine al fine in sé.
Tuttavia, immaginando di riportare la questione su un grafico cartesiano, il progressivo inesorabile incremento, sull’asse verticale, del tempo individuale, dell’età anagrafica, raramente corrisponde, sull’asse orizzontale, ad un pari incremento dell’ esperienza progressiva fruibile.
In altri termini, questa non-corrispondenza traduce un pensiero calcolante che non riflette a sufficienza il dato esperienziale-anagrafico rispetto alla reiterazione delle sviste.
Per concludere, l’ esperienza personale, quando è fra-intesa come una successione di pretese sempre e comunque soddisfatte, non costituisce in sé un adeguato strumento di prevenzione. Massimiliano Barbin Bertorelli
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