Senza Alfred Jarry non avrebbero avuto lo stesso volto il futurismo, il dadaismo e il surrealismo (di cui Jarry è considerato, assieme a Lautréamont e Roussel, un anticipatore). La Francia della Belle époque e della borghesia ricca e appagata è stata infatti focolare originario delle avanguardie europee. Ce lo ha raccontato bene Roger Shattuck ne Gli anni del banchetto.
Jarry, nella sua breve vita, scrisse opere in cui il simbolismo letterario del secondo Ottocento si coniugava con l’assurdo e il grottesco. Abitava in un bilocale (in rue Cassette 7 a Parigi) in cui il soffitto incombeva e bisognava vivere seduti, perché in piedi la testa vi sfregava, dormiva su un letto privo di gambe e scriveva disteso. Potremmo dire una vita certo non facile.
Nell’Antologia dell’umor nero, Breton la disse giusta: «La distinzione tra arte e vita, per tanto tempo considerata necessaria, a partire da Jarry è sottoposta a confutazione, e infine soppressa».
“Malato, guastato dalle privazioni, l’alcoolismo e la masturbazione, incapace di guadagnarsi la vita in alcun modo”come scrisse Léautaud nel Journal littéraire, Jarry però scrive un capolavoro Ubu re che, nel 1896, assurse a pietra miliare del teatro dell’assurdo e lanciò la linea dissacrante nei riguardi del potere. Ubu re è davvero un padre di tutto il teatro moderno. Dal debutto nella capitale francese Ubu re ha terremotato e influenzato tutto il ‘900 e le sue avanguardie, con i suoi sogni di potenza, le sue debolezze e la forza erculea delle sue sbruffonate.
Insomma, dietro la sua apparente «blasfemia»,è davvero un testo «sacro», anche oggi che pure la realtà ha superato tutto quello che lui aveva potuto immaginare: congiure, ambizioni, colpi di stato, spartizioni di regni e invenzione di geografie immaginarie, oggi informazioni presenti in ogni notiziario, come la sua conquista del trono dello zar che quasi prefigura la successione di Eltsin a Gorbaciov, o le spartizioni della Polonia che anticipano certe scissioni ucraine, per fare solo due esempi.
Per i festeggiamenti dei suoi 50 anni il Teatro della Tosse ha scelto questo testo che ieri, giovedì 16 ottobre alle ore 20,30 ha debuttato alla Sala Trionfo – Teatri di S.Agostino. “Ubù, re scatenato”, è il nuovo spettacolo di Emanuele Conte, ed è davvero un bello spettacolo. Un testo che non è stato scelto a caso, UBU Re è stato infatti il primo spettacolo messo in scena l’8 ottobre del 1975 dal neonato Teatro della Tosse, con la regia di Tonino Conte e le scene di Emanuele Luzzati.
“Ubù, re scatenato” è dunque un omaggio a questo personaggio che rappresenta per il Teatro della Tosse, fin dall’inizio, un atto di libertà poetica e politica, un manifesto, e diciamo anche un “santo protettore”.
Emanuele Conte, oltre alla regia, ne ha curato anche le scene, azzeccatissine, dense di un mobilio antico che si erige a piramide, dense di libri sistemati ordinatamente ai lati, ricche di particolari e che racchiudono tutta la storia del teatro stesso. Il cast di attori comprende quelli storici della Tosse come Enrico Campanati, Pietro Fabbri, Susanna Gozzetti , ma anche giovani talenti come Ludovica Baiardi Antonella Loliva, Sarah Pesca, Marco Rivolta e Marco Taddei entrati a far parte della compagnia da minor tempo. Il risultato è ottimo: tutti bravissimi nei loro ruoli che condividono appassionatamente.
La scelta di porre la piece come fosse un’intervista tv ai due protagonisti Madre Ubu e Padre Ubu ha consentito di giocare su due livelli narrativi in scambio continuo tra loro. In proscenio con l’intervistatrice (la frizzante Sarah Pesca) Campanati e Gozzetti e dietro, come in flashback ,gli alter ego Taddei e Loliva. Scelta riuscitissima che mette a confronto anche due generazioni di attori tutti alla stessa altezza. Lo spettacolo di un’ora e mezza corre veloce, ha ritmo un incalzare continuo di battute sagaci, argute, mai volgari, aiutato anche dalle scelte musicali, perfette.
Gli attori si muovono in scena con estrema agilità, si divertono, si vede, sono dentro alla piece col cuore e con la mente. Si vivono i loro ruoli con passione ed è questa loro passione regalata al pubblico che genera altrettanto trasporto da far provare a tutti simpatia per quelle figure burlesche e ridicole, violente e malvagie come sono Ubu e la moglie.
Ecco perchè nonostante tutto, compresa l’esclamazione «Merdre!», sfogo libero e anarchico, Ubu, personaggio a mezza via tra Pulcinella e Gargantua, resta sempre un re, del nostro immaginario e di tutti i nostri rapporti.
Lo spettacolo sarà in scena fino a domenica 26 ottobre. Francesca Camponero (le foto sono di Donato Aquaro)
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