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Processo Morandi bis, tre imputati verso il patteggiamento

Ponte Morandi crollato sul Polcevera a Genova (foto d'archivio)

Tre dei 47 imputati nel processo Ponte Morandi bis, nato dopo il tragico crollo del viadotto sul Polcevera (43 vittime), potrebbero scegliere il rito abbreviato e il patteggiamento.

È quanto emerso ieri dalla prima udienza preliminare davanti al giudice Alberto Lippini.

In particolare, in due avrebbero manifestato la volontà di scegliere il rito abbreviato mentre il terzo avrebbe deciso di accogliere il patteggiamento proposto dalla Procura di Genova.

L’udienza è comunque partita subito con un rinvio, al 21 dicembre, per alcuni difetti di notifica, che verranno sanati a breve.

Ieri hanno annunciato che si costituiranno parte civile il Comitato ricordo vittime Ponte Morandi, il Comune di Genova, associazioni di consumatori e sindacati.

L’inchiesta era partita dopo il tragico crollo e riguardava i falsi report sullo stato dei viadotti, le barriere antirumore pericolose, il crollo della galleria Bertè in A26 (30 dicembre 2019) e il mancato rispetto delle norme europee per la sicurezza nei tunnel.

Per 12 degli imputati la Procura di Genova ha proposto il patteggiamento. Le accuse, a vario titolo, sono falso, frode, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo.

Tra gli indagati l’ex amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci, gli ex numeri due e tre di Autostrade per l’Italia Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli e Stefano Marigliani, ex direttore di tronco della stessa azienda, tutti imputati al processo sul crollo del viadotto Morandi.

Archiviato il reato di omissione di atti d’ufficio.

Secondo gli investigatori della Guardia di Finanza, coordinati dai pm genovesei, i tecnici di Spea ammorbidivano i rapporti sullo stato dei ponti per evitare i lavori.

Era stato scoperto, inoltre, che le barriere fonoassorbenti montate su alcuni tratti autostradali erano difettose e si erano staccate causando problemi agli automobilisti.

Uno degli indagati aveva anche detto al telefono che erano “attaccate con il Vinavil”.

Il 30 dicembre 2019 era invece crollata una parte della volta della galleria Bertè, in A26. Si erano staccate quasi due tonnellate di cemento che per fortuna non avevano colpito mezzi in transito. Anche in questo caso per la Procura di Genova i controlli non venivano fatti in maniera adeguata.

Le due società Aspi e Spea sono uscite dall’inchiesta dopo avere patteggiato per questo filone circa un milione di euro.