A Cornigliano la mobilitazione continua: Salis chiede certezze sul futuro e l’intervento dello Stato
Nella mattina in cui lo stabilimento dell’Ex Ilva di Cornigliano si prepara a scendere in piazza – nel giorno dello sciopero generale dei metalmeccanici a Genova – la sindaca di Genova, Silvia Salis, ha incontrato i lavoratori in sciopero e lanciato un appello forte e chiaro: «La città tutta è con i lavoratori. È giusto protestare ma, da sindaca, chiedo che rimanga una protesta nei limiti della non violenza, perché non dobbiamo fornire alibi a chi non ci vuole dare risposte. Risposte che, invece, sono dovute e meritate».
Secondo Salis, la protesta – se pacifica – può e deve restare uno strumento legittimo di pressione, ma «senza delegittimare la vertenza» agli occhi dell’opinione pubblica e delle istituzioni.
«Chiederò al governo impegni scritti per 45.000 tonnellate e un tavolo di crisi»
Durante l’incontro con i lavoratori, la sindaca ha annunciato che «domani sarò nuovamente dal ministro Adolfo Urso e chiederò che vengano messe nero su bianco le 45.000 tonnellate di acciaio da zincare a Genova fino a fine febbraio, quando dovrebbe essere conclusa la gara».
Ma non è tutto: «Chiederò anche che la vertenza passi a un tavolo superiore, con la regia della Presidenza del Consiglio», ha proseguito Salis. «Finora non abbiamo avuto le risposte di cui avevamo bisogno sul futuro di Ex Ilva e di questi lavoratori».
La proposta implicita è quella di un intervento pubblico diretto: «Lo Stato deve entrare nella nuova gara perché, nel caso non ci siano offerte private convincenti, deve esserci la possibilità di una statalizzazione, anche transitoria», ha dichiarato la sindaca. «Così si garantirebbe la continuità produttiva, il funzionamento degli impianti e l’attrattività del gruppo, evitando che si apra una guerra tra poli del Nord e Taranto».
Salis: «Servono garanzie sul futuro di Genova: non possiamo permetterci la chiusura»
Salis ha espresso tutta la sua preoccupazione: «Noi vogliamo risposte definitive — rimarca — Vogliamo sapere cosa succede se anche la nuova gara va deserta. Qual è l’impegno del governo? Se questa produzione chiude, per i lavoratori è un dramma; per Genova sarebbe un colpo gravissimo, anche sociale».
«Qui ci sono lavoratori anche molto giovani, con famiglie e figli — ha aggiunto — Costringerli ad andare via sarebbe un danno enorme. L’Italia non si può permettere di perdere uno degli ultimi pezzi di industria vera che ha».
Pur riconoscendo la discussione sulle aree e eventuali riutilizzi industriali o urbanistici, la sindaca ha voluto mettere in chiaro una priorità: «Ne possiamo parlare, ma è un discorso secondario. L’obiettivo primario ora è salvare la produzione, non usare argomenti di distrazione».
Lo stato della protesta: Cornigliano tra scioperi, blocchi e cortei
La mobilitazione degli operai dell’Ex Ilva a Cornigliano è costante e si è trasformata in un presidio permanente: per giorni tute blu e sindacati hanno occupato la strada di via Cornigliano e la strada Guido Rossa, montando tende e gazebo e annunciando che «non ce ne andremo finché non si apre un tavolo» con il governo.
Il piano industriale attuale prevede un forte ampliamento della cassa integrazione — da 4.450 a 6.000 lavoratori — e la sospensione o il ridimensionamento di pezzi fondamentali della produzione, come la zincatura.
Per i sindacati, l’unica soluzione per salvare lo stabilimento e il lavoro è che da Taranto vengano inviati a Genova 200.000 tonnellate di acciaio da zincare, o che lo Stato si faccia carico di garantire un piano di salvataggio e continuità. «Altrimenti — spiega un rappresentante della Rsu Fiom — si apre la dismissione definitiva del sito».
Una sindaca dalla parte dei lavoratori: “Non smetterò di chiedere risposte”
La presenza di Salis al corteo dello sciopero generale del 4 dicembre conferma il suo impegno: «Essere qui è doveroso e indispensabile, ci sono sempre stata e ci sarò sempre, non è una novità e non cambierà», ha detto davanti ai manifestanti.
Ha poi ribadito: «Chiederemo di nuovo a Roma non solo le 45.000 tonnellate promesse, ma di portare la vertenza a un livello superiore. Questo stabilimento non può essere abbandonato».
Pur riconoscendo la gravità della situazione, Salis ha invitato a mantenere la protesta in una cornice di pacificazione: «Serve responsabilità: la protesta è un diritto, ma la violenza non lo è. Chi vuole dare il via libera a scorciatoie che possono screditare l’intera vertenza non merita di rappresentarci».
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