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Carlo Felice, un Werther da applausi

Carlo Felice, un Werther da applausi
Una scenografia di Werther al Carlo Felice

Domenica 18 novembre il Werther è finalmente ritornato al Teatro Carlo Felice (dal quale mancava dal 1997) nella versione di Jules Massenet. Nato nel 1885, come lo stesso Autore confessa, soprattutto per soddisfare se stesso, il dramma  in quattro atti fu rappresentato in primis a Vienna nel 1892 e solo in seguito, nel 1893, all’Opèra comique di Parigi. Il libretto è di Edouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann ed è tratto da  “I dolori del giovane Werther”, notissimo  romanzo di Goethe pubblicato nel 1774, pilastro del preromanticismo dello Sturm und Drang e oggetto di discussione e scandalo nell’Europa della seconda metà del 700.

Regia, scene e costumi sono affidati alla consolidata esperienza di stampo prevalentemente cinematografico di Dante Ferretti, la direzione dell’orchestra e del coro al maestro Donato Renzetti.

Werther si innamora di Charlotte, già promessa ad Albert e, anche se tra i due nulla succede che possa dargli speranze, non desiste e non si rassegna a vederla maritata, tanto più che intuisce che il matrimonio della giovane si fonda su criteri più razionali e di gradimento familiare che di vero amore. Il giovane si attacca a questo sentimento che diventa presto ossessione che travalica ogni altro pensiero quotidiano, fino a vedere  il suicidio come unica soluzione.L’amore in Werther invade corpo e mente, annienta ogni aspetto razionale della vita e finisce per annullare la vita stessa. Un amore follia, anche perchè, in realtà, il nostro non conosce davvero Charlotte, ma ne ha costruito la figura attribuendole qualità idealizzate.

L’idealizzazione dell’essere amato, tipico della giovinezza inesperta, e il suicidio sono figure predilette dal movimento romantico. Nella versione di Massenet si inserisce il dialogo finale tra Werther e Charlotte e la dichiarazione palese dei propri sentimenti da parte della fanciulla, che manca nel romanzo, circostanza che ha un significativo impatto drammatico su tutta la rappresentazione: Charlotte infatti cerca di svincolarsi e fuggire, non per pudore o per ” amicizia”, ma perchè si sente attratta, tuttavia vuole   rivedere il giovane  (” a Natale”…), deciso a partire, forse nella speranza che i comuni sentimenti abbiano a cambiare. Con ciò alimentando le speranze di lui, forse per un momento propenso a partire definitivamente.

I contrasti tra il rispetto delle regole sociali e l’amore nella sua concezione più lirica, nucleo dell’opera, restano in Manesset  intatti. Le bellissime scenografie eleganti e raffinate che  Ferretti ha scelto di ambientare negli anni 30, il giardino che apre la rappresentazione, la piazza movimentata dagli avventori del bar davanti alla chiesa, gli interni della casa coniugale, non fanno altro che confermare quel lindore borghese inossidabile ( oggi lo chiameremo ” del mulino bianco”… ) dove tutto appare perfetto e complice, che si contrappone pesantemente con l’ambientazione della morte del protagonista in un oscuro garage. Il malessere intimo di Werther si svolge ed arriva alla tragica conclusione  in questo ambiente accattivante, dove tutti sono cordiali e garbati e nessuno si accorge del tumulto  che cova in lui.

Tranne uno, Albert. Agghiacciante la scena in cui il protagonista annuncia di partire per un lungo viaggio e chiede in prestito le pistole al marito di Charlotte, che perfidamente gliele fa consegnare da parte di lei.

Il maestro Renzetti ha diretto egregiamente la musica scorrevole e raffinata dell’autore, facendo apprezzare  il testo senza mai  sovrapporsi, sia nel preludio crepuscolare che negli intermezzi più intensi. Di grande effetto musicale ed emotivo i dialoghi tra i due protagosti. D’impatto gli intermezzi musicali a scena vuota che sottolineano con drammatica efficacia il tormento delle anime. E così il colpo di pistola fuori scena.

Il tenore Borras convince con un  robusto Werther, centrata l’interpretazione del Pourquoi  me rèveiller ed efficace anche nell’ultimo atto, apprezzato con grandi applausi dal pubblico. Caterina Piva, mezzosoprano,  è un’ottima Charlotte nella presenza e nell’interpretazione, bene la soprano Helene Carpentier – Sophie e il baritono Boutillier- Albert, così come  gli altri interpreti, Gabba ,  Covatta,  Camastra,  Emilio Cesare Leonelli, Aloisi, supportano e definiscono egregiamente l’azione.

Applausi e ovazioni durante e alla fine dell’opera  da parte del pubblico.,Ci auguriamo repliche molto affollate  il 24 e il 26 novembre considerata la qualità eccelsa dello spettacolo. ELISA PRATO