Bruxelles – Il mandato di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Europea si trova in un momento delicato.
Le sue politiche di centralizzazione, in particolare su fondi e ambiente, stanno scatenando un’ondata di malcontento, mettendo a rischio la stabilità della sua maggioranza e aprendo scenari incerti per il futuro dell’Unione Europea.
Von der Leyen in bilico? I Socialisti all’attacco: meno Green Deal, più malumori
L’opposizione più forte arriva dai Socialisti e Democratici (S&D), una componente fondamentale della coalizione che, fino ad oggi, ha sostenuto la von der Leyen.
Il cuore della loro protesta riguarda le recenti “revisioni al ribasso” del Green Deal europeo, il grande piano per rendere l’Europa più verde.
I socialisti accusano la Commissione di aver annacquato gli obiettivi climatici per favorire interessi economici, tradendo le promesse iniziali.
Von der Leyen in bilico? I socialisti minacciano di sfilarsi dalla maggioranza se non ci saranno cambi di rotta
Ma non è solo l’ambiente a preoccupare. I socialisti vedono con sospetto anche l’eccessiva centralizzazione dei fondi europei, sul modello dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Temono che un potere decisionale troppo concentrato a Bruxelles possa togliere autonomia agli Stati membri e limitare il controllo democratico su come vengono spesi i soldi. Una centralizzazione per l’Italia riguarderebbe un maggior potere decisionale allo Stato centrale, piuttosto che alle regioni.

«L’accordo politico su cui si regge la Commissione – spiega Luca Menesini del Comitato europeo delle regioni, sentito oggi a margine della plenaria del Parlamento europeo – è tra PPE, socialisti, Renew e Verdi».
«Stiamo valutando – continua Menesini – se continuare a sostenere la von der Leyen, dato che la Commissione si sta spostando a destra e alcune priorità, quali Green Deal e coesione, non sono più centrali, con una semplificazione che riduce il numero di soggetti interlocutori».
«Se centralizzi i fondi di coesione – ci spiega Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio della Regione Toscana che abbiamo incontrato a Bruxelles – le scelte vengono fatte solo a chi governa a livello nazionale». Attualmente «il nostro compito è quello di indirizzare e controllare » e in questo caso «in un momento d’instabilità geo politica sarà necessario mediare».

Se i socialisti ritirassero il sostegno, la Commissione potrebbe cadere o essere sostituita da una maggioranza di centrodestra. I commissari socialisti, tuttavia, rimangono in carica in quanto espressione dei governi nazionali.
Von der Leyen in bilico? “Onda anomala” del malcontento avanza
L’ “onda anomala” del malcontento avanza, mettendo a rischio la stabilità della sua maggioranza e aprendo scenari incerti per il futuro dell’Unione Europea.
Le altre voci del dissenso: chi potrebbe unirsi ai “No”
Non sono solo i socialisti a storcere il naso. La visione centralizzatrice di von der Leyen rischia di scontrarsi con diversi altri partiti.
I Verdi. Anche loro, pur avendo sostenuto in passato la Commissione, sono molto critici sulle modifiche al Green Deal e potrebbero unirsi ai socialisti nella protesta ambientale.
I Conservatori (ECR). Questo gruppo, che include partiti come Fratelli d’Italia, spinge per una maggiore sovranità nazionale e vede con diffidenza ogni tentativo di accentrare troppo potere a Bruxelles.
L’estrema destra (ID). Partiti come la Lega sono storicamente contrari a una maggiore integrazione europea e alla centralizzazione delle decisioni, preferendo che il potere resti agli Stati nazionali.
La Sinistra. Critica verso le politiche considerate troppo orientate al mercato, la sinistra si opporrebbe a una centralizzazione che non rafforzi anche i diritti sociali e la democrazia.
Anche nel suo PPE. Persino all’interno del Partito Popolare Europeo (PPE), il partito di von der Leyen, ci sono settori che potrebbero chiedere maggiore flessibilità per gli Stati membri e una semplificazione delle regole, pur sostenendo la Commissione.

La strada per Ursula von der Leyen si preannuncia in salita
La capacità di ricucire gli strappi con i socialisti e di trovare un equilibrio tra centralizzazione e autonomia nazionale sarà cruciale per determinare la stabilità della sua leadership e il futuro delle politiche europee.
Se la maggioranza cade: i possibili scenari
Ecco i possibili scenari se la maggioranza cadesse.
Mozione di censura e voto di sfiducia
Una mozione è già stata presentata da Gheorghe Piperea, ECR ed estrema destra, ma con basse probabilità di successo: servirebbe una maggioranza di ben due terzi. Se dovesse passare, la Commissione sarebbe costretta alle dimissioni.
Nuovo candidato da parte del Consiglio Europeo
Se il Parlamento respinge la von der Leyen servono almeno 361 voti su 720, il Consiglio Europeo ha un mese per proporre un nuovo candidato, votato successivamente dal Parlamento.
Una rinascita di una coalizione centrista?
Potrebbe rinascere un’alleanza EPP–S&D–Renew, ma richiederà garantire fedeltà su temi chiave, soprattutto smarcandosi da eventuali accordi con destra conservatrice.
Apertura verso nuovi alleati
In questo caso, remoto, la Von der Leyen potrebbe cercare appoggio dai Verdi o da parte dell’ECR, Conservatori e dei Riformisti Europei, (rappresentati anche da Fratelli d’Italia), ma i Verdi hanno già escluso cooperazioni che compromettano le politiche ambientali.
Cosa succederebbe con blocchi istituzionali perduranti
Se non si trova una nuova maggioranza strutturata, l’UE rischia una paralisi legislativa con rallentamenti sulle nomine strategiche, sul bilancio e su misure urgenti.
Il malcontento si è iniziato con lo scandalo Pfizergate e numeri stretti
Il malcontento è probabilmente iniziato con lo scandalo “Pfizergate” che ha scatenato una mozione e acceso la contestazione interna.
Numeri stretti: per la rielezione servono 361 voti: nelle ultime elezioni, von der Leyen ha vinto con margine risicato grazie al sostegno di EPP, S&D e Renew.
Verdi determinanti: se la coalizione principale lascia fuori i Verdi, si rischia di perdere voti preziosi.
Ursula von der Leyen, la cui sorte è appesa ad un filo, per recuperare dovrebbe: ricucire con i Socialisti e i Verdi modificando il compromesso ambientale, raggiungere un nuovo equilibrio tra centralizzazione efficienza e autonomia nazionale e compattare, infine, una maggioranza ampia, che escluda sanzioni e tensioni legate a scelte politiche ambigue.
Insomma, nei prossimi mesi, i voti in Parlamento e le scelte strategiche della Commissione decideranno se l’UE resterà unita o scivolerà in una stagione di instabilità.
La questione non è solo chi guida Bruxelles, ma quale direzione prenderà l’Europa tra crescita, clima e democrazia. Luca Bartesaghi
Aggiornamento ore 22.00
Von der Leyen, mozione di sfiducia in Aula il 10 luglio
Nel pomeriggio avevamo parlato di malumore nei confronti della von der Leyen. Ora il Parlamento europeo discuterà il prossimo 7 luglio 2025 la mozione di sfiducia nei confronti della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, con voto previsto per il 10 luglio.
L’iniziativa, presentata dall’europarlamentare conservatore Georghe Piperea (ECR), ha raggiunto le 79 firme, superando la soglia minima di 72 deputati richiesta per far avanzare la proposta.
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