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Ponentini alla Biennale Architettura di Venezia

Ai Giardini, all' Arsenale e sparsi per la città i Padiglioni nazionali della Kermesse che vede impegnati oltre mille fra architetti, artisti, artigiani, professionisti e designer provenienti da oltre cento Paesi

I padiglioni di Svizzera e Venezuela (Foto Daros)

VENEZIA – Prosegue la visita del gruppo di artisti, galleristi, giornalisti ed amanti dell’arte ingauni in visita alla Biennale Architettura di Venezia accompagnati dal noto giornalista e critico d’arte Adalberto Guzzinati.

“Quest’anno – ci ha spiegato Guzzinati- il titolo “The Laboratory of the future” è già abbastanza indicativo circa gli obiettivi che si poneva all’apertura la direttrice Lesley Lokko.

“The Laboratory of the Future è una grande kermesse internazionale divisa in sei parti. Comprende 89 partecipanti, di cui oltre la metà provenienti dall’Africa o dalla diaspora africana.

“Al cuore di ogni progetto c’è lo strumento principe e decisivo: l’immaginazione – ha spiegato la stessa Lokko.

È impossibile costruire un mondo migliore se prima non lo si immagina.” The Laboratory of the Future inizia nel Padiglione Centrale ai Giardini, dove sono stati riuniti 16 studi che rappresentano un distillato di force majeure (forza maggiore) della produzione architettonica africana e diasporica.

Si sposta poi nel complesso dell’Arsenale, con la sezione Dangerous Liaisons (Relazioni Pericolose), presente anche a Forte Marghera, a Mestre, affiancata a quella dei Progetti Speciali della Curatrice, che per la prima volta è una categoria vasta quanto le altre.

In entrambi gli spazi sono presenti opere di giovani “practitioner” africani e diasporici, i Guests from the Future (Ospiti dal Futuro), il cui lavoro si confronta direttamente con i due temi della Mostra, la decolonizzazione e la decarbonizzazione, fornendo un’istantanea delle pratiche e delle modalità future di vedere e di stare al mondo.

“Abbiamo espressamente scelto di qualificare i partecipanti come “practitioner” – conclude la Curatrice – e non come “architetti”, “urbanisti”, “designer”, “architetti del paesaggio”, “ingegneri” o “accademici”, perché riteniamo che le condizioni dense e complesse dell’Africa e di un mondo in rapida ibridazione richiedano una comprensione diversa e più ampia del termine architetto”.

Il percorso fra i padiglioni a nostro parere più interessanti proseguirà con quello della Svizzera e del Venezuela che quest’anno si presentano insieme grazie ad un progetto che cerca di rivalutare i padiglioni stessi che vennero realizzati rispettivamente da Giacometti (Svizzera) e Scarpa (Venezuela).

Ci intratterremo poi su quello tedesco dedicato al recupero dei materiali utilizzati nelle precedenti biennali, un padiglione che ha fatto del riciclo una enorme risorsa. E nei prossimi giorni il viaggio proseguirà ancora con i padiglioni dei Paesi Nordici, dell’ Australia, di Grecia, Romania e Polonia.
CLAUDIO ALMANZI