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Immunb: studio del Gaslini apre nuove frontiere alla lotta al neuroblastoma

IMMUNNB studio del Gaslini apre nuove frontiere
IMMUNNB studio del Gaslini apre nuove frontiere

IMMUNNB: studio del Gaslini apre nuove frontiere alla lotta al Neuroblastoma, pubblicato su “Journal for Immunotherapy of Cancer”

utilizza un coniugato anticorpo-farmaco che ha la capacità di bersagliare in modo specifico le cellule tumorali di Neuroblastoma inducendone la morte

Video intervista dr. Mirco Ponzoni, direttore Laboratorio Terapie Sperimentali in Oncologia dell’Istituto Gaslini: https://www.facebook.com/watch/?v=847055503495007

Genova, 10 Ottobre 2023. Ottimi risultati all’IRCCS G. Gaslini per l’innovativo progetto di immunoterapia denominato IMMUNNB, oggi in fase pre-clinica, realizzato dal Laboratorio Terapie Sperimentali in Oncologia dell’Istituto Gaslini, diretto dal dottor Mirco Ponzoni, pubblicato su “Journal for Immunotherapy of Cancer”.

Si tratta di un lavoro innovativo pensando all’immunoterapia in relazione al neuroblastoma, realizzato grazie alla collaborazione con MacroGenics Inc. (azienda biotecnologica americana produttrice del farmaco), con il contributo dell’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma. Ciò con l’impegno dell’azienda farmaceutica in campo di puntare direttamente alla linea di ricerca pediatrica, sebbene nell’ottica degli investimenti industriali la fascia di pazienti in età adulta possa risultare numericamente più rilevante.

“Lo studio realizzato introduce un approccio straordinariamente innovativo nella cura del neuroblastoma, una delle neoplasie maligne più temibili dell’età pediatrica – commenta il direttore scientifico del Gaslini Angelo Ravelli-. La combinazione di un anticorpo monoclonale diretto specificamente contro le cellule tumorali con un potente farmaco citotossico consente di veicolare in maniera selettiva e mirata l’azione della molecola farmacologica contro i tessuti neoplastici, aumentando conseguentemente l’efficacia terapeutica e riducendo il rischio di effetti collaterali. Si tratta di un progresso fondamentale nella direzione della terapia di precisione del neuroblastoma. Il trasferimento all’utilizzo clinico di questa nuova modalità di trattamento promette di accrescere significativamente la sopravvivenza e le possibilità di guarigione dei bambini affetti dalle forme di neuroblastoma resistenti alle terapie tradizionali”.

“In particolare IMMUNNB si concentra sull’utilizzo di una molecola formata da un potente farmaco citotossico legato ad un anticorpo monoclonale: il coniugato anticorpo-farmaco ha la capacità di bersagliare in modo specifico le cellule di neuroblastoma, riconoscendo in maniera selettiva un antigene presente sulla membrana delle cellule tumorali- spiega Mirco Ponzoni, direttore del Laboratorio Terapie Sperimentali in Oncologia dell’Istituto Gaslini -. Lo scopo finale sarà quello di incrementare la sopravvivenza dei pazienti affetti da neuroblastoma ad alto rischio, quelli refrattari e quelli in recidiva. La ADC – così è chiamato il coniugato anticorpo-farmaco – è in grado infatti di superare i meccanismi di resistenza multi-farmaco che le cellule tumorali usano come meccanismo di sopravvivenza. L’idea è dunque che anche i pazienti affetti da neuroblastoma resistente alla chemioterapia possano beneficiare di questo farmaco”.

“Il progetto in fase preclinica, che l’Istituto Gaslini sta realizzando nell’ambito delle moderne immunoterapie oncologiche, mira a identificare un trattamento contro il neuroblastoma, una delle neoplasie maligne più frequenti nel periodo neonatale e che rappresenta il 10% nell’arco dell’età pediatrica 0-14. I promettenti risultati ottenuti in questa fase sono lo strumento che potrà permettere il passaggio alla fase clinica ovvero l’impiego di questi strumenti sulla malattia. Ancora una volta l’IRCCS G. Gaslini mostra, oltre le già note capacità di cura di tutte le patologie di interesse pediatrico, anche una straordinaria attività di ricerca: questo mix lo conferma tra le realtà più prestigiose in materia a livello internazionale” commenta Angelo Gratarola – Assessore Sanità Regione Liguria.

«L’antigene tumorale B7-H3 è un bersaglio ottimale nel neuroblastoma, perché espresso ad alti livelli dalle cellule tumorali, anche nei neuroblastomi in recidiva, a differenza di altri recettori tumorali che nel neuroblastoma in recidiva potrebbero non essere più espressi. In questo contesto, l’innovazione sta nel proporre un tipo di immunoterapia attualmente ancora non in uso nel trattamento del neuroblastoma (e in nessun altro tumore pediatrico) – spiegano Chiara Brignole e Fabio Pastorino, del Laboratorio Terapie Sperimentali in Oncologia dell’Istituto Gaslini, prima e penultima firma dello studio-. Da un punto di vista concettuale, le ADC si discostano dal concetto di immunoterapia classica, in quanto non hanno la funzione di stimolare e rafforzare il sistema immunitario, bensì di combinare la specificità di bersagliamento degli anticorpi con l’efficacia citotossica dei farmaci ad essi coniugati».

I dati ottenuti grazie a questo progetto sono oggetto di un paper che è stato in questi giorni pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica americana “Journal for Immunotherapy of Cancer”. Lo studio condotto ha permesso di dimostrare che l’ADC formata dall’anticorpo anti-B7-H3, coniugato al farmaco duocarmicina, ha elevata efficacia anti-tumorale su cellule di neuroblastoma, senza indurre tossicità sistemica in modelli preclinici clinicamente rilevanti.

Ampia enfasi è stata fornita da studi in diversi modelli tumorali murini ricapitolanti vari stadi clinici del neuroblastoma insieme al confronto e integrazione con l’intervento terapeutico considerato standard-di-cura (TOpotecan-TEMozolomide), dimostrando un potenziale terapeutico superiore della ADC.

I promettenti risultati ottenuti pongono le basi e aprono la strada per una futura traslazione clinica: l’intento sarebbe di arrivare nel più breve tempo possibile a uno studio clinico per una prima fase di sperimentazione. Ma non solo. Ad oggi il progetto si sta muovendo in due direzioni.

«La prima è la traslazione clinica dei dati preclinici fino ad ora ottenuti con il disegno di un protocollo di Fase I – continua Ponzoni – mentre la seconda è la possibilità di migliorare ulteriormente l’efficacia della ADC cambiando il farmaco legato all’anticorpo e/o combinando l’ADC ad altri farmaci immunoterapici».