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Torna il Festival dell’eccellenza al femminile a Genova

Torna il Festival dell'eccellenza al femminile a Genova

Il Festival dell’Eccellenza al Femminile XV edizione.

Dedicato al tema Il Corpo delle Donne, apre domenica 17 novembre alle ore 16 nella Sala delle Grida del Palazzo della Borsa a Genova.

Domenica 17 novembre: Il Corpo nel Naufragio – Ospiti d’onore Lina Prosa e Giusi Sansone (Tg3) – In scena “Lampedusa Beach” di Lina Prosa con Elisa Lucarelli

Lunedì 18 novembre: Il Corpo nel Martirio – Ospite d’onore Silvia Bragonzi – In scena “Giovanna D’Arco” di Maria Luisa Spaziani con Gaia Aprea

17/11 – La XV edizione del Festival dell’Eccellenza al Femminile, diretto da Consuelo Barilari, e dedicato al tema Il Corpo delle Donne, si apre domenica 17 novembre alle ore 16 nella Sala delle Grida del Palazzo della Borsa (Via XX Settembre, 44), con il saluto inaugurale di Paolo Comanducci, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Genova, Elisa Bricco (Dipartimento di Lingue e Culture Moderne, UniGe) e Laura Repetto, Città Metropolitana. Ospite d’onore la drammaturga Lina Prosa, che con il suo “Lampedusa beach” – in scena alle ore 18.30 – sarà al centro della prima giornata, dedicata al Corpo nel Naufragio. Lo spettacolo sarà preceduto da un incontro a cui parteciperanno la giornalista  Giusi Sansone (Tg3) e Alessandra Ballerini, l’avvocata che di Lampedusa ha fatto il proprio campo di battaglia, mentre Pierluigi Crovetto e Nicola Ferrari introdurranno la nuova rivista dedicata ai naufragi Trasparenze (San Marco dei Giustiniani Editore). Il dibattito sarà aperto dalla presentazione del percorso narrativo in video performance The Reverie Project di Martina Bacigalupo, fotografa autrice con Roberto Saviano del libro In mare non esistono taxi.

LAMPEDUSA BEACH
Scritto e diretto da Lina Prosa con Elisa Lucarelli Nuova produzione Associazione Arlenika onlus

Primo dei tre testi che compongono la “Trilogia del naufragio” di Lina Prosa, lo spettacolo arriva a Genova con un nuovo allestimento, dopo le produzioni del Piccolo Teatro, Teatro Stabile di Palermo e de La Comédie-Française. È un intenso monologo in cui prende forma la testimonianza di Shauba. Inghiottita dal mare insieme ai suoi compagni di sventura, Shauba racconta la sua esperienza: il sogno di una vita migliore, l’ingiustizia del mondo, ma anche il suo rapporto primordiale con l’acqua e quindi con la sua identità mediterranea.

Shauba, migrante africana, annega presso le coste dell’isola di Lampedusa. E’ partita alla volta d’ Europa sostenuta dal sogno dell’amata zia Mahama che vuole i figli dell’Africa liberi dal ricatto della bontà del capitalismo con cui un giorno si mangia ed un altro no. La carretta del mare perde l’equilibrio mentre nello spazio intasato da settecento clandestini, il vecchio e il giovane scafista si contendono il corpo di Shauba. Accade così il naufragio. Shauba ha con sé un paio di occhiali da sole che doveva servirle a vedere, durante la traversata, più chiaramente la meta. Nella discesa agli abissi gli occhiali diventano l’unico appiglio, un improbabile salvagente, che le concede però un lento tempo di discesa.  Il tempo della discesa coincide con il tempo della scrittura e della parola. Si compie così un’odissea sott’acqua, fatta di memorie personali, di convivenza con i pesci, di esperienze fisiche straordinarie.

“Ho scritto Lampedusa Beach nel 2003” – racconta Lina Prosa – “quando ancora non erano le donne e i bambini a provare il tragico attraversamento. Ma tutto l’orrore della storia di questi ultimi anni era già scritta da tempo nelle dinamiche di diseguaglianza create dal capitalismo. Anche se il testo continua magicamente ad attraversare l’Europa con altri registi, sento necessario rimettere in pista io questo testo nel tempo in cui viviamo credendo personalmente nella matrice politico-poetica del teatro. Per trovare ancora un possibile modo di allungare il passo alla denuncia e alla lotta e rendere la ripresa del viaggio più lunga possibile, più lontana possibile.”

Lampedusa Beach è il primo dei testi che compongono la “Trilogia del Naufragio” di cui fanno parte anche “Lampedusa Snow” e “Lampedusa Way”. Due anni fa è stata aggiunta un’appendice dal titolo “Ritratto di Naufrago numero zero”. La Trilogia vede la sua prima messa in scena integrale a Parigi a la « Comédie-Française »  su traduzione di Jean-Paul Manganaro. I testi vengono pubblicati in Francia da “Les Solitaires Intempestifs” e in Italia da “Editoria&Spettacolo”. Dopo il successo francese la Trilogia è prodotta dal Teatro Stabile di Palermo nel triennio 2014-2017 e presentata al Piccolo Teatro di Milano.  “Lampedusa Beach”, messo in scena insieme agli altri testi in diversi teatri europei, è tradotto in nove lingue: francese, inglese, catalano, croato, portoghese, tedesco, bretone, sloveno, ungherese.  Nel 2015 è premio per la Drammaturgia da parte dell’Associazione Italiana dei Critici Teatrali. Presentato tra l’altro al Consiglio d’Europa, il testo riceve in Sudafrica il “Premio per l’Arte e la Giustizia Sociale”. Fino ad ora almeno 16 attrici hanno rappresentato in produzioni differenti la Shauba di “Lampedusa Beach”.

18/11 – La seconda giornata del Festival, focalizzata su Il Corpo nel Martirio, inizia alle ore 17.30 all’Alliance Francaise (via Garibaldi 20) con la presentazione del libro “Femmes” di Silvia Bragonzi, che sarà ospite dell’incontro. In reading delle attrici del gruppo di lettura Eccellenza al Femminile Maria Elena Pollack, Mara Nicosia, Selene Parisi e Patrizia De Franceschi. Con un ritmo intimo e deciso Frida, Camille, Artemisia e anche la madre più irragionevolmente sconosciuta, quella di Hitler, parlano finalmente in prima persona narrando, con voce nuova, storie di vittorie e di dolori, di amori e tradimenti. Un viaggio di quattro donne che hanno saputo cogliere e accogliere la sofferenza, plasmando il destino attraverso i colori della vita. In serata la manifestazione si sposta al Museo Diocesano (via Tommaso Reggio, 20r), dove Gaia Aprea sarà protagonista dello spettacolo Giovanna D’Arco di Maria Luisa Spaziani.

GIOVANNA D’ARCO

Romanzo popolare in sei Canti in ottave e un Epilogo di Maria Luisa Spaziani con Gaia Aprea. Regia Luca De Fusco. Musiche Antonio Di Pofi
Gaia Aprea porta in scena una versione di questo spettacolo che, nella sua semplicità, valorizza al massimo lo splendore dei versi di Maria Luisa Spaziani. L’autrice dice di aver scritto la sua Giovanna D’Arco di getto, come sotto dettatura, ed infatti uno dei meriti del suo poemetto è la magica semplicità. Qualcuno ha scritto che, dopo qualche pagina, si dimentica di stare ascoltando un testo contemporaneo, e si è pervasi dalla suggestione di ascoltare direttamente Giovanna.

“Si attribuisce a Bernard Shaw la frase «Ho scritto quest’opera in versi perché non avevo tempo di scriverla in prosa». Paradosso, forse, che però calza al caso mio” – ha raccontato la stessa autrice – “alle vicissitudini esterne e interne di un’idea, della sua genesi, del suo lento e costante proliferare lungo l’arco di molti decenni. M’innamorai di Giovanna d’Arco quando avevo dodici anni, l’età delle sue prime visioni, e quella scintilla scaturì da un bonario libretto che qualcuno mi aveva prestato, che non restituii mai e che continua a seguirmi in quello scaffale privilegiato e protetto e geloso che tutti conosciamo […] Giovanna è un personaggio anomalo, una santa con la spada in mano, una poesia in azione, una creatura di straordinaria e totale maturità, un caso Rimbaud il cui arco risplende e si conclude prima dei diciannove anni, una fiammeggiante visionarietà che s’incarna nei parametri dell’intelligenza pratica, fusa alle ragioni della politica ma capace come poche nella storia del mondo di illustrare l’imperativo di un destino. […] Sembrava che i versi nascessero per generazione spontanea, e anzi devo confessare una mia strana impressione: che qualcuno mi sia stato sempre accanto a dettare.”

L’opera, sedimentata per parecchi decenni, è stata composta di getto tra il 1988 e il 1989. Ed è nel 2000 che Gaia Aprea e Luca De Fusco si innamorano della Giovanna e, in collaborazione con il Teatro della Fenice, presentano un oratorio per voce e orchestra con le musiche di Paolo Furlani, proprio per il Giubileo. Cinque anni dopo nasce l’idea di realizzare l’opera in forma più intima, quasi colloquiale. “Ci chiudemmo in un castello presso Vittorio Veneto” – ricorda il regista – “e dentro un torrione semidiroccato cercammo di entrare nel mistero di quest’opera. […] I problemi di trasposizione teatrale non sono nati dai versi della Spaziani ma dal concetto di personaggio. Chi è l’io narrante della Spaziani? Il fantasma di Giovanna che ci parla dall’al di là, lei stessa che riguarda la sua vita un attimo prima di morire, o una folle che si crede Giovanna? […] Alla fine abbiamo inventato questo strano personaggio che all’inizio appare vestito in modo contemporaneo, poi man mano smette di narrare ed inizia a rivivere, diventando Giovanna anche nel costume. […] Restano i dettagli contenutistici: ovvero le tesi “eretiche” della Spaziani sulla vita di Giovanna d’Arco. La poetessa sostiene infatti la tesi che la pulzella non sarebbe morta sul rogo ma sopravvissuta al sacrificio e restata a galleggiare nella noia fino a ritornare all’appuntamento col fuoco, che una prima volta era stato inusitatamente eluso e che poi la sorprende nel suo eremo segreto.”