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Reperto 132: elevato grado corrosione. Perizia a Zurigo, Spea e Autostrade sbugiardate?

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Inchiesta sul crollo del Ponte Morandi. Prime evidenze dal lavoro dei periti del Tribunale, che hanno tempo fino al 5 dicembre per depositare le perizie ma potrebbero anche (legittimamente) chiedere ulteriore tempo prima che i magistrati dissequestrino l’area per cominciare i lavori di rimozione detriti, demolizione e ricostruzione.

Il tirante col ferro corroso, reperto numero 132 custodito in un hangar vicino all’isola ecologica Amiu, è in partenza per Zurigo, dove sarà sottoposto a un’ulteriore perizia di super esperti. Lo ha stabilito il gip, che ha ritenuto importantissimo il pezzo di strallo (anima in acciaio e guaina in calcestruzzo) della pila 9 (quella crollata il 14 agosto) esposto a sud e al salino del mare, che sarebbe stato rinvenuto con un “elevato ed evidente grado di corrosione”.

Secondo quanto riferito, le criticità sono visibili ad occhio nudo. Soprattutto perché il moncone appare sostanzialmente integro. Infatti, il cemento che avvolgeva i tiranti non risulterebbe “sbriciolato” ma presenterebbe una vecchia fessura dalla quale sarebbe penetrata acqua piovana.

In sostanza, si confermerebbe il pessimo stato degli stralli prima del crollo perché le condizioni del reperto 132 risulterebbero pressoché le medesime di 5 mesi fa, quando era stato fatto l’ultimo controllo trimestrale prima del tragico crollo da parte di Spea (società del gruppo Atlantia-Autostrade delegata al monitoraggio della rete autostradale) e in sintesi era stato dichiarato che “la struttura non presenta criticità” per cui il viadotto sul Polcevera non era stato chiuso o parzialmente chiuso al traffico.

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In ogni caso, il reperto 132 pare che sia l’unico spezzone di grande interesse probatorio. Perché sarebbe il solo che può essere esaminato visto e considerato che il resto degli stralli è andato distrutto, quindi meno utili al rilevamento degli elementi di prova da portare al processo.

Gli inquirenti, su questo fronte dell’inchiesta, puntano in pratica a sostenere che se i controlli fossero stati fatti con scrupolo e le dovute attenzioni, non sarebbe stato possibile non vedere le anomalie. Se fosse quindi accertata e documentata la presenza di elevata corrosione dei tiranti, si potrebbe aggravare la posizione di alcuni indagati di Autostrade e Spea.

Il reperto 132 diventerebbe quindi una delle prove fondamentali di quanto sarebbe stato in qualche modo nascosto e comunque non è ufficialmente emerso finora. Da qui, la decisione dei magistrati genovesi di inviare il pezzo di tirante del Ponte Morandi nel centro specializzato di Zurigo per la super-perizia.

Tra l’altro, uno dei tre consulenti nominati dal giudice è lo svizzero Bernhard Elsenser (professore del Politecnico Federale di Zurigo, esperto in metallurgia). Gli altri due sono Giampaolo Rosati (professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano) e Massimo Los (professore ordinario di Costruzioni di Strade, Ferrovie e Aeroporti del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’università di Pisa).

Gli avvocati e periti di parte di alcuni dei 21 indagati (al vaglio della procura c’è una lista della GdF con altri 40 nomi) hanno riferito di non essere d’accordo sul trasferimento del moncone all’estero seguendo la rogatoria internazionale perché, a loro dire, sarebbe una procedura insolita. Inoltre, hanno esternato le loro preoccupazioni per le difficoltà di potere seguire le prove e le analisi tecniche in Svizzera.