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Lettera alla Redazione: una genovese in Cile Seconda parte

La testimonianza diretta di quello che sta succedendo in questi giorni in Cile attraverso le parole della studentessa genovese Nina Fontana che si trova a Santiago del Cile per motivi di studio.

Un momento delle manifestazioni (Foto Fontana)

GENOVA – Abbiamo ricevuto, da una nostra giovane lettrice genovese, Nina Fontana, che si trova da alcuni giorni a Santiago del Cile, per motivi di studio, una lettera che testimonia la grave situazione in cui si trova il Paese. Ci è sembrata una testimonianza attendibile ed interessante. Questa è la seconda parte della sua missiva che, per motivi di spazio, abbiamo dovuto suddividere in due. Sentiamo come si conclude il suo vibrante intervento. (Claudio Almanzi).

“Ad un secondo sguardo, togliendo il velo europeo, si capisce che l’inventiva e la potenza creativa che porta a vendersi pure la madre, sono il triste frutto della fame e del terrore di collassare. I cileni sono ottimi e fantasiosi venditori, grandi lavoratori, ma esausti. Esausti di passare 3/4 delle loro giornate senza lontanamente vedere un orizzonte di stabilità economica e di benessere basico, con una pensione che più che essere vista come un traguardo raggiunto, è associata a una fine. La pensione media di un cileno è quanto pago una stanza in affitto con altre 6 persone e un bagno nel posto più turistico e cementificato della città di Valparaíso, incredibilmente più economica della vicina Santiago. Non sorprende quindi scoprire che chi si suicida sono prevalentemente i pensionati.

Più il divario socio-economico aumenta, più cresce proporzionalmente il costo della vita, escludendo da questa dinamica lo stipendio e la qualità dei servizi, e producendo anzi un abisso di diseguaglianza nel paese sudamericano, a detta di tutti, etichettato ed elevato a più “stabile”. Ma come può esserlo, se l’acqua è privatizzata, per le strade non esiste lontanamente l’ombra di una fontanella, neanche per i veneratissimi stranieri e si preferisce dare da bere alle piantagioni di avocado anziché alle persone? Se gli studenti si indebitano fino al midollo per continuare il percorso educativo e ottenere una laurea, ma non appena trovano lavoro per anni saldano il loro debito con lo stato? Se il sistema sanitario è costoso e ingiusto e i medicinali basici costano, anche per noi europei, un occhio della testa?

Gli interrogativi sulla dubbia funzionalità e umanità di questa instabile società sono parecchi e alcuni si sovrappongono e contraddicono. Sicuramente i cileni hanno avuto una reazione a questa crisi molto più pragmatica che filosofica. Hanno agito non appena è stato dato loro il colpo di grazia e quando il filo risultava troppo teso per reggere le tonnellate di ingiustizia che sopra di lui gravavano. Ed insieme sono arrivati a lottare contro lo stato più lungo del mondo, con una bassissima percentuale di privilegiati, che toglie alla maggioranza la possibilità di vivere, anziché di centellinare la propria sopravvivenza.

Io vedo due netti schieramenti: i manifestanti e le forze dell’ordine.
Entrambi hanno un proprio movimento: i primi ricordano un formicaio organizzato e guerriero che sfavilla e arde, con una carica potente e rabbiosa. I secondi un serpente silenzioso, sinuoso e in grado di muoversi mantenendo un’inquietante immobilità, ma rapido e letale quando attacca.
Ma ora vorrei sapere: qualcuno ha mai visto o sentito una formica uccidere un serpente?”
Nina Fontana