Al Teatro Duse Ugo Dighero, ottimo attore brillante della scena italiana, ha interpretato in monologo, con la regia di Giorgio Gallione, Lu santo Jullare Francesco, di Dario Fo e Franca Rame.
Un giullare che racconta un giullare: san Francesco d’Assisi si definiva “Giullare di Dio”, mentre Dario Fo vinse il Nobel per la letteratura nel 1997 con la motivazione che, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggiava i costumi e le azioni, spesso tutt’altro che in linea con il buon senso e la giustizia, degli uomini di potere in favore degli ultimi.
Il conosciutissimo autore ha incantato spettatori di ogni età con la sua recitazione a raffica, il suo volto di gomma capace di cambiare espressione in un batter d’occhio, il suo inconfondibile, scanzonato, buffo sorriso. Sul palco usava la satira sociale come elemento di riflessione, nel tentativo di portare alle luce la voce di chi aveva e ha sempre avuto poca voce: una sorta di rivisitazione dell’antico”castigat ridendo mores”. In tutto ciò seguito e felicemente coaudiuvato dalla moglie, la bellissima e brava Franca Rame, capace anche di chiudere un occhio sulle divagazioni del marito, attento al sociale ma poco in linea con la fedeltà coniugale.
Ugo Dighero porta in scena una felice interpretazione del testo di Fo, usando sempre quel suo particolarissimo ed improbabile dialetto veneto condito con altre inflessioni. Ottantacinque minuti di puro divertimento, per nulla pesanti, che incollano il pubblico alla poltrona e che riprendono, con un linguaggio che ha ben poco di spirituale, alcune scene della vita del Santo d’Assisi, raccontandone la maniera personalissima di inseguire pace ed eguaglianza sociale vivendo in una povertà estrema che confidava solo nella provvidenza divina, dopo aver lasciato per sempre una vita da giovane ricco piena di eccessi.
E così si ride sull’incontro e l’addomesticamento di un lupo con trattative da parte di Francesco, un povero animale che, dopo aver sperimentato una vita da cristiano invece che da belva, si lamenta del vitto vegetariano e di tollerare male il fatto di aver abbandonato la propria indole, facendo riflettere il Santo sul fatto che forse faceva meglio agire sui cristiani umani per riportarli ad una vita più in linea con la natura, piuttosto che sugli animali.
E ancora si narra di come ad un matrimonio furono raccontate le nozze di Cana, fabulando che il Cristo avrebbe usato l’acqua per lavare i piedi destinata agli ospiti per cambiarla in un ottimo vino: d’altra parte non è forse vero che l’uva si pigiava con i piedi?
In seguito si parla dell’incontro, per l’autorizzazione a predicare il Vangelo, di Francesco con il Papa Innocenzo III , che in prima battuta lo rifiuta definendolo un buffone e solo per l’intervento di un cardinale cambia idea (e qui affiorano anche l’anticlericalismo e i dubbi di Fo verso un certo tipo di religiosità).
Ma basta che il Santo tenda le mani ad un albero popolato da uccelli melodiosi perchè la conquista delle masse avvenga come per incanto. Suggestiva la colonna sonora ed i suoni onomatopeici.
Significativa, infine, la citazione di Dighero della preghiera di Tommaso Moro “Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri e i lamenti, e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa tanto ingombrante che si chiama “io”. Dammi, Signore, il senso dell’umorismo. Fammi la grazia di capire gli scherzi, perché abbia nella vita un po’ di gioia e possa comunicarla agli altri”.
Lu santo Jullare Francesco avrà una lunga tournée che dopo Genova tocca Milano in dicembre e una serie di città tra nord est, Toscana e Emilia-Romagna fino a primavera 2026, anticipando di poco le celebrazioni del 2026 (1226-2026, otto secoli dalla morte del santo “giullare di Dio”): Produzione del Teatro Nazionale di Genova in collaborazione con CMC/Nidodiragno. ELISA PRATO
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