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Terzo Valico e presunte gare truccate: 30 rinviati a giudizio, tra cui anche Salini

Una galleria del Terzo Valico in fase di scavo (immagine di repertorio)

Molte gare per il Terzo Valico ferroviario, in particolare quelle per i tunnel tra Liguria e Piemonte, sarebbero state truccate “costantemente”. Pertanto, il gup di Genova ha rinviato a giudizio oltre 30 persone.

Tra questi Pietro Salini, amministratore delegato di WeBuild (accusato di turbativa d’asta), Giandomenico Monorchio (turbativa d’asta e corruzione), imprenditore e figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato Andrea ( quest’ultimo inquisito per turbativa d’asta, avrebbe fatto da sponsor al figlio), Ettore Incalza (turbativa d’asta), storico ‘grand commìs’ delle maxi-opere, che si sarebbe speso per Monorchio.

Inoltre, nell’elenco figurano altri imprenditori come Stefano Perotti e Duccio Astaldi.

Salini: Sono totalmente estraneo alle vicende giudiziarie del Terzo Valico

L’iter giudiziario della lunga inchiesta sull’alta velocità ferroviaria Genova-Milano potrebbe tuttavia vedere applicata la prescrizione, che per la stragrande maggioranza delle contestazioni scatterà entro la metà dell’anno prossimo.

Nel mirino degli investigatori della Guardia di Finanza e dei pm genovesi era finito il sistema con cui venivano smistati gli appalti, da parte del general contractor individuato dallo Stato, per la realizzazione della nuova linea (53 chilometri di cui 37 sotterranei, valore superiore ai 6 miliardi).

Tutto ruota intorno al Cociv, consorzio formato in origine da Salini-Impregilo, Società condotte d’acqua e Civ: tre soggetti privati che, proprio nel particolarissimo ruolo di general contractor, si sono trovati a gestire un fiume di denaro pubblico. Ed è per questo motivo che i giudici della Corte di Cassazione hanno assimilato i suoi vertici e componenti a manager e funzionari “incaricati di pubblico servizio”.

L’indagine, nella quale erano confluiti pure i filmati di mazzette consegnati ad alcune figure di secondo livello, era nata a Genova poiché qui aveva sede il Cociv, ma a un certo momento si è ramificata anche tra Roma e Firenze.

A “inguaiare” Salini nel filone genovese è in particolare una telefonata con l’ex presidente Cociv Michele Longo (anche lui rinviato a giudizio).

Il primo, sempre secondo la pubblica accusa, chiedeva di escludere il cugino Claudio, che aveva lasciato nel 2005 l’azienda di famiglia per crearne una autonoma ed è poi deceduto a seguito di un incidente stradale, e il secondo lo rassicurava.

I legali di Salini hanno sempre ribadito che nella conversazione contestata il loro assistito si raccomandava semplicemente di scegliere società in grado d’essere efficienti, capaci di gestire maxi-appalti “e immuni dal sospetto d’un potenziale conflitto d’interesse”.

Inoltre, Salini ha rimarcato che “in tutte le conversazioni contestate si fa riferimento ad appalti ormai non modificabili e ci sarà modo di dimostrare la buona fede durante il processo”.