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Si è chiuso il Festival del Cinema di Venezia, intervista al giornalista Dario Vassallo

Si è chiusa la 77a edizione del Festival Internazionale di Venezia.

Un Festival segnato dai problemi dovuti all’epidemia Covid19, ma che nonostante tutto si può definire positivo, se non altro per la voglia che gli organizzatori, non dandosi per vinti hanno dimostrato organizzandolo.

A Venezia c’era anche il Giornalista genovese Dario Vassallo, accreditato da una emittente genovese.

Vassallo è una presenza ormai storica per la Biennale del Cinema della città lagunare, visto che è presente ininterrottamente dal 1981, quando realizzava i servizi per una emittente radio che allora andava per la maggiore, Radio Liguria 1.  Oltre che a Venezia (dove in più di una occasione è stato Membro della Giuria) l’anchorman genovese è dal 1985 presente anche al Festival di Cannes.

Quest’anno a Venezia ha realizzato i collegamenti per l’emittente dove lavora, e dove presenta il programma “Shining” con la collaborazione di Silvia Mesturini.

Appena rientrato dal festival, ne abbiamo approfittato per realizzare questa intervista, dove il giornalista parla a ruota libera della manifestazione.

“Occorre subito dire che non è stata una gran Mostra – esordisce Dario Vassallo –  né poteva esserlo dal momento che i direttore del Festival Alberto Barbera è stato costretto a prendere quello che c’era e da un bacino di utenza molto ridotto. Se mai abbiamo capito che le cinematografie “altre”, rispetto a quelle consolidate, sono più indietro e devono crescere; penso che in un anno normale in concorso non ci sarebbero stati più di quattro/cinque film di quelli che si sono visti”.

– Ma Venezia 77 è stata comunque importante…

“Si, per me è stata importante soprattutto per due motivi: il primo è che è stato dato comunque a tutto il mondo un segnale di ripartenza quando la situazione purtroppo è ancora quella che è; la stagione cinematografica sta iniziando e si è dimostrato che è comunque possibile tornare nelle sale, sia pure con tutte le precauzioni possibili. Il secondo è legato proprio a questo fattore: l’organizzazione in termini di sicurezza è stata a mio avviso la migliore possibile. Poi non è detto che tutto sia andato o andrà bene – continua il giornalista genovese – ma credo che il protocollo adottato al Lido sia un laboratorio dal quale non bisognerà prescindere per le prossime grandi manifestazioni, non solo cinematografiche; e da questo punto di vista guardo personalmente con timore al Salone Nautico; credo che il Festival di Venezia sia da prendere come esempio”.

-Parliamo dei film in gara…

“Volentieri; tra quelli che i sono piaciuti, segnalo “Nomadland”, che narra la storia on the road di dimenticati ed emarginati, come dice la protagonista Frances McDormand; racconta che per loro la mancanza di una casa vera e propria non è assolutamente una scelta di vita, ma che sostituiscono con camper che arredano come meglio possono andando in giro a cercare lavori stagionali e ritrovandosi spesso in grandi aree più o meno attrezzate dove passano insieme settimane o mesi a seconda dei casi; tutto questo fa nascere amicizie destinate a durare, perché bene o male ci si rincontra sempre. Insomma, come dice il titolo, nomadi che vivono fuori delle convenzioni sociali”.

– Oltre a “Normadland”?

“Direi “Quo vadis, Aida?”, un film di Jasmila Zbanic che al di là delle sue qualità intrinseche colpisce perché racconta il drammatico genocidio dei musulmani di  Srebreniza nel 1995 ad opera delle truppe serbe del generale Mladic. Un genere di film dove quello che viene raccontato vale più di come viene raccontato. La scelta di Zbanic è di raccontarlo attraverso una donna che fa l’interprete per le truppe dell’Onu, il che le permette di avere un accesso preferenziale in aree dove nessuno può avvicinarsi, che farà tutto il possibile per salvare il marito e i due figli. Tra rabbia e disperazione parla di coraggio, di amore, di resistenza e soprattutto di un episodio vergognoso che non bisognerà dimenticare mai”.

-Qualcuno ha parlato di “Nuevo ordine”…

“Sicuramente il film più dirompente e radicale in concorso; questo lavoro di Michel Franco parte dal matrimonio della rampolla di una ricca famiglia messicana, per poi chiudersi in una tragedia, mostrando la nascita spontanea e violenta di una rivolta dei poveri contro i ricchi con relativa repressione, mentre una parte dell’esercito fa del rapimento una industria. Il film è ambientato in un, per cosi dire, “domani vicino all’oggi”, in maniera preoccupante; si tratta di un incubo non privo di venature horror e una riflessione che di fatto abbraccia non solo il Messico, ma tutti quei paesi in cui l’onda populista e nazionalista è cresciuta con preoccupante rapidità negli ultimi anni, in qualche caso andando anche al potere”.

– Tra i film italiani presentati?

“Direi senza dubbio “Miss Marx” di Susanna Nicchiarelli sulla terza e più giovane figlia di Marx; una pioniera sui temi del femminismo e del socialismo, innamorata di un attivista politico dai comportamenti deprecabili che la sfruttò e la tradì portandola al suicidio come atto liberatorio. Un film sul conflitto tra ragione e sentimento e su quanto la forza delle convinzioni e delle nostre idee possa sbriciolarsi di fronte alla sfera emotiva con la protagonista che impersona la contraddizione tra anima e corpo, emozioni e controllo, romanticismo e positivismo. Contraddizioni che sono le stesse della vita vera e dunque, come tali, non possono che restare irrisolte e irrisolvibili.”

-Altro da segnalare in questa 77a Mostra?

“Se posso, aggiungerei l’iraniano “Khorshid” di Majid Majidi, che narra la storia di bambini sfruttati e infanzie violate in una Teheran fatiscente; ed ancora “Dear comrades” di Konchalovski, che ci parla di un massacro insabbiato da Kruscev nell’Urss del 1962”.

“Concludo su film che sono piaciuti molto a colleghi nazionali e internazionali e non particolarmente a me: ad esempio “Notturno” di Rosi, regista che proprio non riesco ad amare perché tutti i suoi documentari, questo compreso, pur parlando della realtà mi sembrano sempre troppo costruiti, artefatti e “finti”; poi magari sarà un successo… Poi “The disciple”, film indiano per amare il quale bisogna avere un’anima sublime che purtroppo in me latita – dice sorridendo Vassallo – e “The world to come”, amore tra due donne nel nord-est americano della metà dell’Ottocento, diciamo un “Brokeback mountain” al femminile. Chiudo dicendo che se pensiamo che gli ultimi tre Leoni d’oro sono stati assegnati alla “Forma dell’acqua”, “Roma” e “Joker”, chiunque vincerà sarà molto, molto lontano da quel livello”.

Grazie a Dario Vassallo; martedì 15 settembre alle ore 20.00 sulla Tv dove collabora il giornalista racconterà questo e molto altro sulla 77a Mostra del Cinema di Venezia.

Franco Ricciardi