Quali le cause e le possibili soluzioni? Risponde il noto criminologo e medico Stefano Alice, consulente del Tribunale del capoluogo ligure
“A Genova, i recenti dati evidenziano un incremento di reati come furti, spaccio di sostanze, risse e comportamenti violenti, che si manifestano sia in quartieri centrali come il Centro Storico sia in alcune zone periferiche. La criminologia ci insegna che il crimine non nasce in modo spontaneo, ma è il risultato di molteplici fattori interconnessi, tra cui le condizioni sociali, economiche e ambientali”.
Lo afferma Stefano Alice, insigne criminologo, medico, direttore del Centro di riferimento per la formazione specifica in Medicina Generale della Regione Liguria, commentando l’ennesimo fatto violento, grave vulnus della vita civile e fatto che provoca grande preoccupazione per il dilagare a Genova come in tutte le altre città italiane, di violenza ingiustificabile e fine a stessa.
Il fatto contingente è quello del 2 giugno scorso quando, all’alba, ha sconvolto il lungomare di Genova con la conseguenza di sei giovani arrestati e altrettanti carabinieri feriti.
“Tra le città metropolitane d’Italia – spiega Alice – Genova è l’undicesima per il livello di criminalità, con 4.604,7 denunce ogni 100mila abitanti e un totale di 37.632, in base alle statistiche del 2023, che emergono dalla banca dati interforze del dipartimento di Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno. La principale risposta del governo è stata la circolare dello scorso dicembre che ha istituito nelle città le “zone rosse”, che i loro detrattori chiamano “recinti urbani”.
Come può la scienza criminologica spiegare questa recrudescenza? È solo una questione di fattori sociali o c’è qualcosa di più profondo?
Il crimine non nasce in maniera spontanea, ma è risultato di molti fattori sociali, ambientali, economici. E in questo contesto, le cosiddette “zone rosse” rappresentano uno strumento di intervento volto a rafforzare la sicurezza pubblica attraverso ordinanze specifiche, che vietano l’accesso a soggetti considerati pericolosi, come persone con precedenti penali o comportamenti minacciosi, per prevenire fenomeni di criminalità diffusa, degrado e microcriminalità. È importante sottolineare che queste misure non intendono stigmatizzare interi quartieri, ma sono strumenti temporanei e mirati per creare condizioni di maggiore sicurezza e fruibilità degli spazi pubblici, specialmente in momenti di particolare affluenza come il Capodanno. La scienza criminologica evidenzia che un intervento efficace deve coniugare controlli rafforzati con politiche sociali di inclusione, prevenzione e riqualificazione, per affrontare le cause profonde del disagio sociale e favorire un ambiente più sicuro per tutti.
Spaccio e criminalità radicata sono fenomeni complessi, spesso alimentati da povertà, disoccupazione o emarginazione Come può intervenire nel contesto la medicina criminologica?
Pur offrendo strumenti utili per analizzare e comprendere i meccanismi che portano alla devianza, non può da sola risolvere fenomeni radicati come lo spaccio di sostanze o la criminalità organizzata. È fondamentale adottare un approccio integrato, che includa politiche sociali volte a ridurre le disuguaglianze, programmi di inclusione sociale, interventi educativi e di supporto psicologico. Le “zone rosse”, infatti, sono uno strumento di controllo temporaneo, volto a garantire la sicurezza durante momenti di particolare afflusso, come le festività, ma devono essere accompagnate da iniziative di promozione sociale e di riqualificazione urbana. La prevenzione e la riabilitazione sono pilastri fondamentali: rafforzare i valori civici, offrire opportunità di inserimento lavorativo e supporto alle persone vulnerabili può contribuire a spezzare la spirale di emarginazione che alimenta la criminalità. La lotta al crimine richiede quindi un impegno continuo e multidisciplinare, che coinvolga le istituzioni, le comunità e le famiglie.
A Genova la criminalità si manifesta in modo diverso tra i vari quartieri. Come si può, in termini di approccio medico e criminologico, affrontare questa “mappa del male” senza cadere in semplificazioni?
Ogni quartiere di Genova ha una propria identità sociale, economica e culturale, e i fenomeni criminali che si manifestano sono spesso il risultato di condizioni specifiche di quella realtà. La criminologia ci insegna che per intervenire efficacemente bisogna prima di tutto conoscere approfonditamente le caratteristiche di ogni area, evitando approcci stigmatizzanti o superficiali. Le “zone rosse”, come strumenti temporanei, devono essere accompagnate da azioni di comunità, coinvolgimento delle istituzioni e politiche di inclusione sociale, che permettano di affrontare le cause profonde del disagio. È importante sviluppare strategie di intervento personalizzate, che rafforzino la coesione e le reti di solidarietà, e che siano rispettose della dignità di tutti i cittadini. Solo così si può contribuire a una reale trasformazione sociale, più che a una semplice risposta repressiva.
La recente esperienza delle cosiddette “zone sensibili” o “zone rosse” a Genova sembra aver dato alcuni risultati. Può un approccio integrato di tipo medico-psicologico contribuire a rendere più efficace questa strategia?
Assolutamente sì. Le “zone rosse” sono strumenti di controllo che, se integrati con interventi di tipo sociale, medico e psicologico, possono diventare più efficaci. L’implementazione di percorsi di supporto psicologico, di riabilitazione e di intervento comunitario può favorire un cambiamento duraturo, contribuendo a ridurre il rischio di recidiva e a promuovere un senso di sicurezza condivisa. L’obiettivo non è solo reprimere, ma anche prendersi cura delle persone più vulnerabili, riconoscendo che la sicurezza urbana si costruisce anche attraverso azioni di cura, inclusione e valorizzazione delle risorse umane. Un approccio integrato permette di affrontare le radici del disagio e di promuovere una cultura del rispetto e della responsabilità civica.
Moralità e di un orientamento etico nella lotta contro il crimine hanno un ruolo e possono rappresentare un vero aiuto in questa difficile battaglia?
La promozione di valori morali condivisi e di un senso di responsabilità civica costituisce un elemento fondamentale nella prevenzione del crimine. La crescita morale e culturale della società rafforza il rispetto delle regole e dei diritti altrui, contribuendo a creare un ambiente più giusto e solidale. Tuttavia, è importante sottolineare che le strategie di prevenzione devono essere equilibrate e rispettose dei diritti fondamentali di ogni individuo. La lotta al crimine non può limitarsi a misure securitarie, ma deve coinvolgere anche un impegno etico volto a rafforzare la coesione sociale e il senso di responsabilità collettiva. La cultura del rispetto e della solidarietà è uno strumento potente per ridurre le cause di devianza e promuovere una convivenza più civile.
Vogliamo infine dare un messaggio chi si trova di fronte a questa realtà complessa, tra crimine e speranza?
È fondamentale ricordare che dietro ogni problema di criminalità ci sono persone e possibilità di riscatto. La vera sicurezza si costruisce non solo con la repressione, ma anche con l’ascolto, la prevenzione e l’inclusione. Le “zone rosse” sono strumenti temporanei che, se accompagnati da politiche sociali efficaci e interventi di cura, possono contribuire a creare un ambiente più sicuro e umano. La speranza nasce dalla consapevolezza che ogni individuo, anche nelle situazioni più difficili, può essere accompagnato verso un percorso di responsabilità e crescita. La sfida è quella di adottare un approccio equilibrato, che rispetti i diritti di tutti e favorisca la coesione sociale, affinché Genova possa diventare una città sempre più sicura, giusta e solidale. DINO FRAMBATI
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