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Il Nano Morgante | La prassi del senno di poi

Una caricatura di Altan

E’ titanico l’ obiettivo  di tenere stretto a sé il fugace tempo presente, di evitare di scavalcarlo d’un balzo, in nome di un’ansia che sempre fa protendere altrove.

Per altro verso, è titanico accantonare ogni considerazione-limitazione che riconnette il tempo presente al circuito dell’ante-vissuto, per soccorrerlo, di fatto a sottometterlo, con inessenziali indagini a posteriori.

Questa sorta di retro-spicenza, di volgere lo sguardo indietro, letale nel mitologico caso di Orfeo ed Euridice, diviene nondimeno ai giorni nostri una misura infausta: cercare nella costante riemersione del pregresso un criterio aggiornato del proprio operare in cui non tardano a rifluire tossiche insuperabili congetture, laddove l’esperienza avrebbe già dovuto elaborare il lutto e il loro definitorio superamento.

Dinanzi ad una società che tende ossessivamente a proiettarsi in avanti al punto da perdere l’equilibrio, il paradosso della visione passatista aleggia inabilmente in tutte le circostanze in cui metaforicamente si ri-verificano le voci di un conto  già saldato, in cui si vuole spostare la scala dopo esserci saliti.

Avrei-potuto-agire-diversamente diventa una considerazione auto-riflessa sulla falsariga dei “riflessi condizionati”  dei cani di Pavlov.

L’opportunità di concedere ad ogni scelta la regola della scommessa,  estrapolando il concetto dal monologo conclusivo del film “The Big Kahuna” (1999), incornicia l’intricata questione dell’esistenza.

Nondimeno, ogni interrogativo esistentivo retrodatato detiene scarsa plausibilità poiché raggomitola in una ri-visitazione soggettiva irrisolvibile gli eventi trascorsi.

Sebbene sia comprensibile chiedersi il perché & il per-come degli eventi accaduti e dei loro più o meno inadeguati esiti, resta fuori misura e fuori luogo adottare la prassi del senno di poi, invece che sensatamente sintetizzare tale processo con l’ausilio dell’esperienza.

Ricapitolando, quando si rielaborano idealmente i tratti già percorsi di un tragitto ne resta immediatamente trascinata la mutevole soggettività del pensiero agente.

In soldoni, la costante somministrazione del senno di poi  deve prevedere un limite al dosaggio, un quanto basta,  come per il sale e il pepe nelle ricette di cucina. Massimiliano Barbin Bertorelli