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Il Carlo Felice inaugura con Sull’essere angeli e Pagliacci

La scena di apertura di Pagliacci I Atto b (Scene di Cristian Taraborrelli)

Il cartellone autunnale 2021 del Teatro Carlo Felice  è partito con il dittico Sull’essere angeli e Pagliacci, in prima rappresentazione assoluta, inaugurato venerdi 8 ottobre con repliche il 10, 13, 16, 17.

Nella performance per danza e flauto Sull’essere angeli, sono le   immagini di Francesca Woodman, maestra della fotografia di grande precocità, morta suicida a soli 23 anni, a sollecitare la creatività di Francesco Filidei, che racconta: «La poetica della fragilità, del corpo nudo, che è protagonista della serie di scatti Woodman, la cui raccolta di immagini On being an Angel dà il titolo alla composizione, emerge nella linea del flauto che, come una figura sullo sfondo, si muove nel tempo e nello spazio cercando una direzione”. Il brano comunica una solitudine struggente, sottolineata dai colori nero e bianco della scenografia spoglia e in particolare dai teli bianchi, che ogni tanto vengono stesi e ritirati, quali sudari, dall’alto.

Sorprende noi spettatori che il riferimento agli angeli, portatori di pace e serenità (vedi la nostra splendida preghiera in latino all’angelo custode -me tibi commissus pietate superna illumina, custodi, rege et guberna – ed invocati per questi fini), non riesca a far accettare il senso di solitudine che, a tratti o costantemente, accompagna la vita terrena.

Non a caso il brano diventa l’occasione, per il regista Sieni d’interrogarsi sulla relazione tra l’essere vivente e le sorgenti materiali e immateriali che lo animano.

Sul palco danza Claudia Catarzi accompagnata dal flauto di Mario Caroli, maestro concertatore Andriy Yurgkevych.

Catarzi

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Ruggero Leoncavallo (Napoli 1857, Montecatini 1919 ) avrebbe dovuto avere il diritto di portare al successo melodrammi “ bohème”, visto che tale vita a Parigi l’aveva fatta veramente suonando il pianoforte nei café-chantants. Ma viene ricordato solo per “ Pagliacci”.

L’opera andò in scena nel 1892 al Teatro Dal Verme di Milano, sotto la direzione di Arturo Toscanini. Anche il libretto era stato scritto dall’autore, secondo l’abitudine verista, ispirato da un vero fatto di cronaca nera: il “pagliaccio“ di una compagnia di girovaghi, che alla fine dello spettacolo aveva accoltellato moglie e rivale, fu condannato a vent’anni dal padre magistrato dello stesso Leoncavallo.

Lo spettacolo ebbe critiche severe, tra cui quella del potente Hanslik, che parlò di mancanza di gusto, mentre il francese Bellaigue scrisse che l’opera gli aveva fatto orrore, per non parlare di Puccini che definì l’autore un porco che viene chiamato maestro a vergogna dell’Italia.

Ma il pubblico gli attribuì un successo clamoroso e i grandi cantanti del tempo, da Caruso a Tamagno, ne fecero un cavallo di battaglia.Una compagnia di attori girovaghi: il pagliaccio Canio ha sposato Nedda, da lui raccolta fanciulla in miseria dalla strada. La donna viene corteggiata da Tonio, un gobbo che lei schernisce e respinge.

Per vendicarsi Tonio rivela a Canio che Nedda lo tradisce. Canio deve andare in scena ( la trama racconta il tradimento di Colombina) vestendo la giubba da pagliaccio e soprassedere ad ogni spiegazione, ma con l’andar dello spettacolo il furore aumenta e lo domina, per cui i sentimenti reali si mescolano e sostituiscono la finzione scenica in un agghiacciante crescendo.

Nedda, in pieno spettacolo, rifiuta di dire al furioso marito il nome dell’amante, che è tra il pubblico: Canio la pugnala in  scena e lo stesso fa con l’innamorato Silvio, che nel frattempo è accorso.

Ora la commedia è davvero finita, il pagliaccio è diventato “un uomo”, non più costretto a ridere dei propri dolori.

Serena Gamberoni

Nedda, magistralmente interpretata da una Serena Gamberoni in piena forma, conduce ad una riflessione sulla sua personalità. Desiderare è consentito a chiunque, anche a chi ha dovuto accettare un matrimonio di gratitudine con l’uomo che l’ha salvata dalla povertà estrema, ma provvisto di un temperamento fallocrate e dittatoriale. E forse la donna è subito sensibile alle attenzioni di Silvio anche perchè stanca di una vita errabonda che non le calza. Certamente Canio subdora il malcontento di lei e ciò lo rende perennemente sospettoso (“ ma se Nedda sorprendessi…altramente finirebbe la storia”) e attento ai particolari: infatti la svolta verso il dramma è data proprio, in scena, della frase pronunciata da Colombina, identica a quella pronunciata da Nedda verso Silvio, che Canio  ricorda, di complicità e paura nei confronti dell’amante, per sottrarlo alla furia del marito.

L’opera viene considerata il manifesto del verismo musicale:passione e sentimento sono espressi da un canto esagitato, urlato, già inaugurato da Cavalleria Rusticana di Mascagni, che entra prepotentemente nella lirica. La stessa brevità dell’opera accentua gli effetti drammatici ed emotivi che rutilano incontrollabili in sfrenata successione.

Amoralità e piccineria di una umanità non evoluta, in preda a rancori, sono spalmate a piene mani , rappresentate anche attraverso una gestualità caricata.Una menzione meritano le doti di cantanti e d’attori del cast.

ll cast vocale di Pagliacci è composto da Fabio Sartori/Sergio Escobar (Canio) e Serena Gamberoni/Angela Nisi (Nedda), Sebastian Catana/Federico Longhi (Tonio), Michele Patti/Marcello Rosiello (Silvio),anti  Matteo Falcier/Nico Franchini (Peppe), quest’ultimo selezionato dal Teatro in occasione della sua partecipazione all’Accademia di alto perfezionamento e inserimento professionale del Teatro Carlo Felice 2021.La regia è di Cristian Taborrelli, maestro concertatore e direttore Andriy Yurkevych. Maestro del coro Francesco Aliberti, del Coro di voci bianche Gino Tanasini.

Grazie alla particolare scenografia di realtà aumentata, il pubblico vive  due racconti paralleli, quello sul palcoscenico  con i cantanti, quello visibile sullo schermo led, dove gli effetti rendono visibili i sogni, pensieri, passioni dei personaggi, effetti sulla cui efficacia  lasciamo la valutazione alla sensibilità dello spettatore.

L’opera vivrà una seconda vita sullo schermo televisivo di RAI 5 in prime time giovedì 16 dicembre 2021, che svelerà un ulteriore punto di vista sul racconto, grazie ad un ulteriore innesto in realtà aumentata realizzato da Davide Meda assieme all’equipe di Rai Cultura per la regia televisiva di Claudia De Toma, su progetto editoriale e artistico di Francesca Neslercurato da Nicola Pardini. Elisa Prato