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Case popolari, Consulta boccia Regione Liguria: requisito 5 anni residenza non ammissibile

Assessore regionale Marco Scajola (Cambiamo con Toti presidente)

Il requisito minimo di cinque anni di residenza o attività lavorativa nel territorio comunale per poter richiedere un alloggio popolare in Liguria non è ammissibile.

Lo ha sentenziato la Corte Costituzionale che ha depositato ieri una decisione del febbraio scorso.

Il requisito faceva parte della legge di Regione Liguria sulle politiche abitative del 6 giugno 2017 durante la prima giunta Toti.

A sollevare la questione di legittimità costituzionale era stato il Tribunale di Genova dopo il ricorso di un cittadino straniero rimasto escluso dalle graduatorie per gli alloggi pubblici del comune di Genova.

Secondo i giudici costituzionali, inoltre, la norma regionale ligure sarebbe simile a una disposizione di Regione Lombardia già dichiarata a sua volta illegittima.

“C’è soddisfazione – ha commentato l’assessore regionale alle Politiche della casa Marco Scajola – perché il principio che aveva spinto la nostra amministrazione a mettere nel regolamento per l’assegnazione degli alloggi popolari la residenza in Liguria è stato mantenuto e non è stato fatto decadere dalla sentenza.

I giudici hanno compreso e non hanno contestato il fatto che noi mettessimo una richiesta di residenza nel territorio ligure.

È importante perché fa cadere quegli stereotipi e quelle interpretazioni strumentali che in questi anni abbiamo sentito dire sul fatto che questo principio fosse contro qualcuno, invece questa è la dimostrazione che non è contro qualcuno ma vuole mettere al centro il fatto di essere residenti in Liguria.

I giudici hanno fatto decadere il requisito dei cinque anni, ma rimane in piedi il principio della nostra norma e di questo non si può che essere soddisfatti. Noi rispetteremo quanto espresso dalla sentenza e procederemo in questa direzione. Per noi era importante che si comprendesse , e di questo siamo soddisfatti, che il nostro principio non era contro qualcuno né discriminatorio”.