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Carlo Felice, il fascino selvaggio di Carmen colpisce ancora

Carlo Felice, il fascino selvaggio di Carmen colpisce ancora
Una scena della Carmen al Carlo Felice

In corso al teatro Carlo Felice la Carmen di Bizet: tutto esaurito alla prima di venerdì scorso, calorosi e meritati applausi a scena aperta.

Lo spettacolo, presentato  in un allestimento dell’Opera di Roma con la regia di Emilio Sagi (ripresa da Nuria Castejon) e la direzione del maestro Donato Renzetti, ha  entusiasmato il pubblico genovese, in una atmosfera di palpabile attesa, considerata altresì la sospensione dello sciopero indetto da Cgil e Snater  in omaggio al nuovo sovrintendente Michele Galli. 

Una produzione davvero riuscita, forse uno degli migliori esempi di come una splendida musica e un buon recitato assieme, affidati ad artisti  scafati e tecnici capaci, possa  confermare e rinsaldare  la  fama di un vero capolavoro. Perciò questa Carmen è da non perdere.

Il cuore dello spettacolo è l’arte seduttiva della protagonista: un temperamento focoso ed insubordinato, unito al fascino fisico, che si fa beffe delle regole anche nel campo dei sentimenti ( “l’amour est un oiseau rebelle”, questo il suo vangelo ). Una donna velleitaria e consapevole del suo fascino trascinante che grida ripetutamente ” libertè”, ma in realtà di libertà conta solo la sua.

Femminista? Riflettiamoci: certamente assai lontana dal concetto, espresso dal migliore femminismo, di una vita vissuta con dignità umana.

E, come spesso succede nei testi d’opera, le si contrappone don Josè, una figura maschile di scarso carattere che pare permanere immutata, e non solo nei testi, nel trascorrere  del tempo, sfidando l’effetto catartico che il buon teatro vorrebbe trasmettere. Un uomo che si è già procurato una dolce e devota ragazza da sposare ( e attaccatissimo alla figura materna…) ma sensibilissimo al palese richiamo erotico di una zingara che non riconosce responsabilità affettiva di sorta, tanto di diventare un fantoccio dipendente da lei, senza più personalità e status sociale. Un  partner ingombrante che alla fine stanca e che, una volta abbandonato, non ha più alcun sostegno e arriva all’omicidio per disperazione.

Al contrario di Escamillo, il nuovo interesse sentimentale di Carmen, che orgoglioso  della sua posizione sociale ( “sono il toreador di Granada”), si pone davanti alla coppia in un atteggiamento perfino un tantino scanzonato ma sicuramente vincente: la donna deve essere fiera di lui, i chiarimenti possono attendere…

Interessante il riferimento alla cartomanzia ( espressione del proprio subconscio?) che Carmen pratica, anche su se stessa: le carte annunciano la sua morte e, dopo un ultimo confronto di grande presa drammatica, va consapevolmente incontro ad una fine che  provoca e sfida, quasi affascinata dall’attrazione per la morte tipica della cultura spagnola.

La musica di scena e i ritmi di danza, legati al passionale folklore spagnolo, abbondano ( habanera, bohème, canzoni militari, fanfara) e il maestro Renzetti ne ha proposto una  consueta e apprezzatissima conduzione equilibrata e vibrante, non sempre facile nel contesto.

Annalisa Stroppa ha regalato, nel ruolo della protagonista, una Carmen affascinante e convincente di forte presenza scenica, destreggiandosi anche nella danza, meritando i lunghi applausi.  Giuliana Gianfaldoni è stata una Micaela dolce ed espressiva, Francesco Meli un Don José forte ed intenso, in linea con le attese  interpretative, soprattutto nel secondo e terzo atto.

Eccellenti orchestra e coro, di grande fascino e qualità, specie il coro di voci bianche diretto da Gino Tanasini. 

Le scene firmate da Daniel Bianco sono state di gusto sicuro e ben impostate e armonizzate con l’azione, di grande impatto i quadri visivi, così come le coreografie curate da Nuria Castejon: belle le danze e gli interventi dei più giovani.

Apprezzabili tutti gli altri: Luca Tittoto, Armando Gabba, Saverio Fiore, Paolo Ingrasciotta, Luca D’Amico, Vittoriana De Amicis e Alessandra Della Croce.

Dieci e lode allo spettacolo, cantato in francese,  che sarà ancora in scena  venerdì 23 alle 20, sabato 24 alle 15 e domenica 25 alle 15.  ELISA PRATO

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