Portoghese, galiziano, basco, scozzese. Sono almeno 25 i Paesi e le località che si disputano, senza successo e senza prove, le origini del genovese Cristoforo Colombo, l’ammiraglio delle Indie salpato il 3 agosto 1492 da Palos de la Frontera e che scoprì l’America.
Ora ci riprovano gli spagnoli con il docu-fiction intitolato “Colon Adn, su verdadero origen'” mandato in onda sabato in prima serata dalla rete pubblica Tve per la “Festa nazionale dell’ispanità”, per raccontare la presunta “vera origine” del celebre ammiraglio.
A partire da un’indagine genetica condotta sui resti del Dna negli ultimi 20 anni dal medico legale José Antonio Lorente, cattedratico dell’università di Granada.
Lo scopritore delle Americhe, si afferma nel film per la televisione, sarebbe stato spagnolo, un ebreo sefardita originario di luoghi del Mediterraneo occidentale che potrebbero essere la costa di Valencia, della Catalogna o delle Baleari.
Una conclusione contestata da esperti come Antonio Alonso, ex direttore dell’Istituto nazionale spagnolo di scienze forensi, secondo cui “il documentario non mostra in nessun momento il Dna di Colombo”.
Al teorema spagnolo ci è arrivati con una ricerca che cominciò nel 2001 con l’esumazione dei resti attribuiti a Colombo nella cattedrale di Siviglia e, poi, con quella delle ossa del figlio Fernando (Hernando Colon).
Tuttavia, si fermò nel 2005 perché la tecnologia non era abbastanza avanti per ottenere risultati risolutivi, ha spiegato Lorente nel docu-fiction.
Ripresi nel 2020, i test del Dna sui resti di Colombo sono stati poi messi a confronto con quelli di parenti e presunti discendenti. Fra le sedicenti “prove” riscontrate dal medico forense, la prima è che i frammenti di ossa custoditi a Siviglia sarebbero proprio di Cristobal Colon.
Tuttavia, la parzialità del Dna ricostruito sarebbe dovuta al fatto che il celebre navigatore morì a Valladolid, ma volle essere sepolto nelle Antille, nell’isola di Hispania. Per cui le sue spoglie furono prima trasferite a Cuba nel 1795, per poi essere riportate in Spagna durante la guerra ispano-americana nel 1898. E negli spostamenti potrebbero essere state contaminate da fattori ambientali.
La seconda sedicente “certezza” di Lorente è che Fernando era figlio di Cristoforo Colombo, mentre Diego, considerato il fratello, sarebbe stato solo un parente di quinto grado.
Un centinaio di test di Dna sono stati effettuati dall’equipe dell’Università di Granada anche a Genova e Milano, su persone di cognome Colombo, ma l’esame del Dna mitocondriale, che contiene informazioni sull’ascendenza da parte materna, non avrebbe dato risultati, poiché Colombo, secondo gli spagnoli, sarebbe stato il nome dato ai figli illegittimi “ideale per nascondere un’identità”.
I risultati avrebbero comunque consentito di scartare una a una le 8 finaliste delle 25 ipotesi iniziali. Fino a suffragare quella dell’origine spagnola ed ebraica dell’ammiraglio, sostenuta da Francesc Albardaner, ex presidente del Centre d’Estudios Colombins di Barcelona.
Nella scena clou del docu-fiction, Lorente si rivolge a lui per sostenere che sia “nel cromosoma Y (ereditato dal padre) che nel Dna mitocondriale (ereditato dalla madre) di Fernando ci sono tratti compatibili con l’origine ebraica”.
Secondo Albardaner, Cristoforo Colombo “nasce da una famiglia di tessitori di seta di Valencia, una tradizione nella comunità ebrea sefardita, all’epoca molto estesa in Spagna”. E avrebbe nascosto la sua religione per sfuggire all’espulsione degli ebrei decretata dai re cattolici.
Un’altra sedicente prova della sua origine ispanica era che “scriveva le lettere in spagnolo”.
Tutte tesi che, secondo gli esperti, non sono state ancora dimostrate. Come quella sul Dna di Cristoforo Colombo, che quindi resta genovese.