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S. Pasqua, Bagnasco: questo tempo ci renda più umili e coesi. Il testo dell’omelia

Cardinale Angelo Bagnasco celebra S.

Stamane il cardinale Angelo Bagnasco ha celebrato la S. Messa di Pasqua a porte chiuse, alla presenza di Mons. Nicolò Anselmi, vescovo ausiliare, di monsignor Marco Doldi, vicario generale e di alcuni altri canonici della Cattedrale di Genova.

Come riferito dai responsabili dell’arcidiocesi di Genova, la S. Messa celebrata a S. Lorenzo è stata trasmessa in diretta streaming e dalle emittenti locali, grazie alle riprese realizzate dall’ufficio comunicazioni sociali diocesano.

Il popolo della Pasqua, omelia di Angelo Bagnasco – Chiesa di Genova

Nell’omelia, l’arcivescovo di Genova ha in sintesi sottolineato che la Pasqua non è un simbolo, ma la chiave per leggere gli accadimenti e poterli vivere in modo cristiano. La Pasqua è un mistero, e il mistero, nel linguaggio della fede, non è oscurità, ma luce così intensa da non poterla com-prendere, cioè costringere in categorie umane. È qualcosa che ci supera.

“La Pasqua di Gesù – ha affermato il cardinale – è proprio la negazione del vuoto: è il grande sì di Dio all’uomo, alla sua vita per il tempo e per l’eternità. Noi non comprendiamo s empre l’agire e i tempi di Dio. Ma non è necessario comprendere tutto, è necessario lasciarci condurre dalla presenza amica e dalla mano affidabile di Gesù”.

Nel mondo c’è anche tanto bene, nascosto ed eroico. Questo fiume benefico scorre nelle viscere dell’umanità ed ha i nomi e i volti di famiglie, anziani, malati, lavoratori solidi, sacerdoti e anime consacrate, ragazzi e giovani, che – come artigiani del Risorto – costruiscono il mondo della Pasqua.

Di questo grande popolo fanno parte quanti oggi, come l’antico Cireneo, portano la croce di tanti malati e soli, quanti hanno dato la vita, quanti sentono nella carne i morsi della povertà crescente. Questo popolo non s’arrende, e tutti vogliamo farne parte, perché è la continuazione storica della risurrezione del Dio-con-noi.

La luce pasquale non diventi una rarefatta luminosità quando, speriamo presto, dovremo tornare alla vita normale. Sia una normalità irrorata da nuova saggezza, dedizione, senso di appartenenza”.

Prima delle benedizione finale, l’Arcivescovo, rivolgendosi ai fedeli tramite le telecamere ha aggiunto: “Noi sacerdoti sentiamo la vostra presenza. Dove c’è Gesù, c’è il mondo intero. Cerchiamo di intuire e condividiamo le vostre preoccupazioni per i figli, per il lavoro, per il presente e per il futuro; rivolgiamo un pensiero per i malati e per chi non c’è più.

Tutti siete presenti nella nostra preghiera, lasciamo che il Risorto entri nei nostri cuori e nelle nostre case, che lenisca le sofferenze e e infonda coraggio e speranza. Cerchiamo di essere più benevoli gli uni verso gli altri, guardando a Cristo che ha dato la vita per noi.

Non dimentichiamo un domani, tornando alla normalità, questo tempo: non deve scomparire dalla nostra memoria e dalla nostra anima, per renderci più umili e coesi”.