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Il testo dell’omelia di Bagnasco, stamane sull’altare le ceneri di S. Giovanni Battista

Cattedrale di S. Lorenzo (foto d'archivio Arcidiocesi di Genova)

Stamane nella Cattedrale di San Lorenzo, a porte chiuse, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, ha celebrato la S. Messa nella Domenica delle Palme.

Prima della celebrazione, c’è stata la tradizionale benedizione ai rami di ulivo e palma all’interno della Cattedrale.

Come sottolineato da Bagnasco nella sua omelia, s’inizia una Settimana Santa speciale, segnata dall’emergenza sanitaria che sta dilagando nel mondo, portando un profondo senso di smarrimento nell’uomo.

Pertanto, è stata volontà dell’arcivescovo che le ceneri di San Giovanni Battista, patrono di Genova, fossero sull’altare nel corso della celebrazione “per invocare la sua intercessione presso il cuore di Cristo”.

Ecco il testo dell’omelia di Bagnasco, pubblicato sul sito web dell’Arcidiocesi di Genova.

“Carissimi Fratelli e Sorelle

1. Iniziamo una Settimana Santa speciale, ferita da un morbo che dilaga per il mondo, quasi una voce sinistra che semina smarrimento, piega la presunzione, riconduce alla realtà dell’ umana condizione e del significato della vita. L’illusione di essere invincibili è brutalmente infranta, ritorna il senso della misura e del limite. È come riaprire gli occhi alla verità. È forse il pessimismo che ci deve avvolgere? È questa una Pasqua senza risurrezione? Come se Gesù rimanesse nella tomba? E noi, discepoli, dobbiamo vivere per sempre nella tristezza del Getzemani? Se ripensiamo ai Vangeli delle domeniche di Quaresima, ci accorgiamo che sono uniti da un unico filo: le tentazioni di Gesù nel deserto, la samaritana al pozzo, il cieco nato, la risurrezione di Lazzaro, tutti ci hanno parlato della fede. Essa non è credere in Dio come si crede all’esistenza di un oggetto, ma è affidarsi a chi si crede, è vivere di Lui qualunque cosa accada. Gesù, in ogni situazione, non solo condivide ma porta a Dio, ci dona la vita soprannaturale, è un nuovo inizio.

2. Il Vangelo dell’ingresso glorioso in Gerusalemme, con cori di osanna, con palme e ulivi festanti, disegna un episodio decisivo della vita del Salvatore, e illumina la vicenda umana: Gesù entra trionfante in Gerusalemme acclamato dalla folla e poco dopo tutto cambia: la medesima gente ne vuole la morte. Ne cogliamo un duplice insegnamento. Ci ricorda, innanzitutto, la volubilità del cuore umano, pervaso da simpatie ed emozioni che non aiutano a cercare la verità, ma spingono a seguire il sentimento. Capita nella vita di suscitare stima e di ricevere riconoscimento. Questo non solo ci fa piacere, ma anche ci fa bene, ci incoraggia a far meglio. Ma non dobbiamo farne il centro, la molla del nostro agire: gli umori sono volatili e possono volgersi al contrario. Ci sono rapporti belli e durevoli tutta la vita, come gli affetti profondi, ma conosciamo anche situazioni friabili, congiunture limpide solo in apparenza che mascherano sentimenti opachi. La condizione umana, ferita dal peccato, è anche questa; non ci deve scoraggiare nella via del bene.

3. Inoltre, il Vangelo racconta della folla che osannava Cristo non per fede, ma perché ha visto o sentito parlare dei prodigi che ha fatto. Il cuore non puntava alla verità di Gesù, ma alla convenienza: quell’uomo prodigioso avrebbe risolto i loro problemi. La fede non è questa. Nel momento in cui si rende conto che non sarà così, che quel giovane nazareno non starà al loro gioco, che non cerca il consenso, allora lo abbandona, e Gesù, da osannato, diventa un condannato. Attorno a Gesù aleggiava la logica della fede e la logica del mondo. Ognuno può scoprire in sé la fede e la mondanità, la luce e il buio, l’invocazione e la pretesa, il pensare secondo Dio e il pensare secondo gli uomini. Riconoscere questo miscuglio non significa mettere il cuore in pace e consolarci dicendo che siamo tutti così. È solo un punto di partenza che ci fa umili e miti, ma non arresi. La fede è la risposta a un Tu che ci chiama per nome, ci invita a fidarci di Lui e ad affidarci alla sua fedeltà. Non è un nostro interesse privato, ma la ragione della nostra vita. La fede non giustifica ogni singola gioia o dolore che ci capita, ma è una luce che illumina tutto il percorso della strada; non ci spiega ogni singolo passo, ma dà il senso del nostro andare dalla terra al cielo. La fede è luce nel buio, perché ci fa scorgere una Presenza che non viene meno.

4. Cari Fratelli e Sorelle, la Settimana Santa di quest’anno è particolare per voi e per noi sacerdoti che celebriamo l’Eucaristia da soli; ma voi siete con noi ogni giorno. Intensifichiamo la preghiera personale e in famiglia. Dalle vostre case, insieme alla liturgia della Chiesa, unite al Sacrificio di Gesù i vostri sacrifici, le limitazioni che tutti abbiamo, i timori: e non venga meno la carità. Preghiamo per la Città, la Diocesi, i malati; preghiamo per quanti si curano degli altri in prima linea; preghiamo per i defunti. Oggi ho voluto le ceneri di san Giovanni Battista, nostro Patrono, sull’altare della Messa, per invocare la sua intercessione presso il cuore di Cristo.

Al termine della Liturgia, offrirò a Maria, Regina di Genova, il mazzo di ulivo che ho benedetto insieme ai rami che forse vi siete procurati. Affidiamoci alla sua materna protezione come hanno fatto nei secoli i nostri padri, e insegnate ai vostri figli a pregare la Grande Madre di Dio e nostra con fiducia”.