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Il derby a due volti: dall’Inferno al Paradiso

Il derby a due volti: dall’Inferno al Paradiso
E' finita: Sampdoria-Genoa 1-0

La cronaca di una giornata. La spunta la Samp con Mister Derby, Giampaolo è imbattuto nella stracittadina

La cronaca di una giornata al cardiopalma: il derby di sabato 30 aprile, allo stadio Luigi Ferraris, Genova.

Ore 13.40. Mancano più di quattro ore alla partita ma per le strade della città è già cominciata la sfilata di caschi, bandiere e sciarpe rossoblucerchiate. Ci sono famiglie divise, fidanzati che si separano ai rispettivi ingressi ma anche famiglie e gruppi di amici a tinte unite.

Le zone calde dello stadio sono già presidiate da migliaia di tifosi, che per stemperare l’ansia e l’adrenalina cominciano a cantare. Via del Piano è blucerchiata e dall’altra parte del Bisagno arriva la risposta dei cugini genoani.

E’ un derby ma è soprattutto una festa, anche se questa volta la tensione era massima perché questa partita valeva doppio.

A più di due ore dall’inizio del match lo stadio è già quasi pieno con le due gradinate che rumoreggiano e si scaldano per cominciare il derby sugli spalti.

Una cornice di pubblico notevole con finalmente il Ferraris da tutto esaurito, sinonimo di quanto la città di Genova senta questa partita.

Dopotutto Genova rappresenta in Italia l’ultimo baluardo del calcio romantico, in cui resiste l’amore per le proprie squadre definite provinciali e comunque povere di successi sportivi, rispetto alla facilità di cadere nel sostegno verso le cosiddette Big. Una realtà che è invece molto diffusa in altre parti d’Italia.

Le squadre entrano poi in campo per il riscaldamento e la Nord genoana rispolvera il vecchio striscione copri curva “Un cuore grande così” nel frattempo prepara la sorpresa, una coreografia in movimento che compare all’inizio quando viene rimosso lo striscione.

Sul lato superiore ecco un estratto della poesia di Sanguineti, storico poeta genovese e in basso campeggia la scritta corsivo “Genova” su uno sfondo di bandiere rossoblù.

Da sponda blucerchiata è invece un tripudio di bandiere nel riscaldamento, mentre al fischio d’inizio dalla Sud superiore si srotola un grande striscione copri curva che riprende le bandierine de “La Sud” con uno striscione inferiore che recita “passione e orgoglio di questa città”. Sul lato distinti anche si alza un bandierone blucerchiato.

Il tifo è incessante, i giocatori fanno segno di non sentire nulla, Giampaolo parla nelle orecchie ai suoi e i fischi dell’arbitro passano inosservati. Il clima è bollente perché è un derby da “mors tua vita mea” e la posta in palio elevatissima.

La Samp si schiera con un 4-5-1 che talvolta sembra un 4-1-4-1, con Audero tra i pali, Bereszynki, Ferrari, Colley e Augello, Ekdal davanti alla difesa, a centro campo Sensi, Sabiri, Candreva e Thosrby e davanti il solo Caputo. Risponde il Genoa di Blessin con un 4-3-2-1: Sirigu tra i pali, Frendrup, Bani, Ostigard e Vasquez in difesa, Sturaro,  Badelj e Galdames a centrocampo, con Amiri ed Ekuban dietro la punta Destro.

Ai primi minuti del match il Genoa sembra poter stare in partita, ci sono un paio di incursioni da parte di Amiri, Destro ed Ekuban ma nulla di concreto. La Samp risponde con un paio di cross da parte di Candreva per Thorsby di testa e poi dal fronte opposto con Augello.

Il Genoa vuole una partita molto fisica e muscolare, cerca il contrasto ed entra sempre sicuro con il pallone. La Samp aspetta senza cadere nel tranello, cerca di giocare d’astuzia e sfruttare lo scontro con i genoani per spezzettare il match.

Tutto sommato è una partita equilibrata in cui la Samp dimostra però di stare meglio dei rivali, ripulisce palloni sporchi, rischia pochissimo e cerca di far girare palla con lucidità. L’episodio della partita arriva al 24’ con il neo acquisto Sabiri.

Il numero 11 doriano aveva dimostrato di essere in partita, si muoveva con personalità e a metà del primo tempo sfrutta un cross di Augello dalla sinistra per punire Sirigu con la zampata decisiva che fa esplodere la Gradinata Sud.

Da quel momento Sabiri rischia il raddoppio colpendo di testa un pallone vagante in area di rigore ma respinto da Sirigu e il Genoa prova qualche reazione disperata ma confusa.

Si va al riposo sull’ 1 a 0 con il terrore di vedere, come accade spesso, sfumare i tre punti nella seconda frazione. Epilogo a cui ormai i tifosi blucerchiati sono abituati.

Negli ultimi 45 minuti c’è poco da segnalare, la partita si fa sempre più tosta e muscolare e la Samp amministra il vantaggio con intelligenza mentre il Genoa da parte sua, non prova mai ad invertire la rotta del match.

La Gradinata Nord se ne accorge e a 20’ dalla fine comincia il lancio di fumogeni in campo che costringono l’intervento dei pompieri e da quel momento per un quarto d’ora il tempo sarà spezzettato.

Questo si evidenzia nel recupero, in cui succede di tutto e non adatto ai deboli di cuore. L’arbitro Maresca assegna 6 minuti di recupero che poi diventano 8.30. Al 94’ un episodio che tiene Marassi con il fiato sospeso.

Caputo perde ingenuamente palla a centrocampo e permette al Genoa di ripartire, un cross innocuo per Destro in area di rigore che, contrastato da Ferrari colpisce la sfera di mano.

Non è un rigore lampante, nessuno se ne accorge e nemmeno i genoani protestano, ma al var c’è Irrati che richiama l’arbitro.

Dopo una lunga consultazione Maresca indica il dischetto, e gli incubi dei doriani si materializzano ancora una volta.

Dal dischetto c’è il capitano genoano Mimmo Criscito mentre Audero è sotto la Nord e sente e vede la Sud fischiare terrorizzata. Criscito parte e Audero para. Apoteosi. Da una parte l’inferno dall’altra il Paradiso.

Da quel momento in poi succede di tutto Audero piange, Criscito si dispera, Audero lo consola, Giampaolo entra in campo insieme a tutta la panchina, Candreva inizia a saltare con la sciarpa al collo, la Sud e i distinti festeggiano mentre la Nord rimane pietrificata.

Questo è il calcio, questo è lo sport più bello del mondo. Audero nel post partita spiegherà il suo gesto: “l’ho baciato perché va oltre i colori, in questi momenti è un attimo è o io o te” ed entra con la sua parata, di diritto, nel cuore di tutti i doriani e nella storia del derby.

I 3 punti vanno così alla Samp e Giampaolo si riconferma uomo derby con 5 vittorie e 2 pareggi sulla panchina blucerchiata nelle stracittadine.

Adesso si vede la salvezza anche se non c’è ancora la matematica perché i blucerchiati salgono a quota 33 punti lasciando il Genoa a 25.

Un derby che valeva molto di più di tutti gli altri e che bisognava vincere ad ogni costo. Un derby che è stato uno spettacolo, un derby che resta nonostante tutto, vero patrimonio del calcio italiano. Francesca Galleano

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