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Focus Kosovo. Escalation militare sulla spartizione. Usa e Russia ai ferri corti

PRISTINA 8 AGO. (dall’inviato Marcello Di Meglio). Le forze armate serbe hanno innalzato il livello di allerta in tutto il territorio a causa delle tensioni in Kosovo, come annunciato ieri da un comunicato ufficiale del governo di Belgrado.

La nota informa che dopo una sessione straordinaria del Consiglio di Sicurezza Nazionale, tenutasi ieri l’altro nel Palazzo della Presidenza della Repubblica, anche i servizi di sicurezza hanno intensificato le loro attività al fine di prevenire” i piani delle autorità di Pristina per provocare rivolte nel nord Kosovo”, popolato in maggioranza dai Serbi. I servizi serbi, si afferma ancora nel report governativo, devono confrontarsi con “l’attività dei servizi di intelligence stranieri, che con le notizie false cercano di intimidire la popolazione serba in Kosovo”

Nella realtà la Missione Internazionale di peacekeeping della NATO in Kosovo e Metohija (KFOR) ha iniziato le esercitazioni sul territorio.”Il KFOR svolge esercitazioni in Kosovo in conformità con la risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per mantenere pronta la capacità operativa e garantire la pace, la sicurezza e la libertà di movimento” – si controafferma in un comunicato della KFOR.

Rispetto solo a 6 giorni fa, da ieri infatti si vedono mezzi militari della coalizione militare nordatlantica con sede a Bruxelles, in movimento ed il rafforzamento dei posti di blocco e di confine tra sud Serbia e nord kosovo (in particolare lungo la vallata ancora contesa del fiume Ibar) di Uljan e Merdare, mai riconosciuti da Belgrado. In precedenza il Ministero degli Esteri russo aveva bollato come disinformazione le notizie dei media secondo cui durante l’incontro di Helsinki Donald Trump e Vladimir Putin si sarebbero accordati sulla questione del Kosovo.

“La Serbia insisterà per i suoi diritti nell’ambito della questione del Kosovo” – lo ha detto oggi sulla Tv di Stato il Presidente Serbo, Aleksandar Vucic. “La Serbia – ha dichiarato Vucic – ha dimostrato di essere un partner affidabile non solo con la parte albanese, ma anche con la comunità internazionale ma non accetta pressioni trasversali né dagli USA, né dalla UE in merito alla ridisegnazione dei confini del Kosovo, con scambi di territorio che non siano accettati dalla comunità serba della ex-Provincia autonoma e autodichiaratasi unilateralmente indipendente dal 17 febbraio 2008.

“Il governo di Belgrado – ha aggiunto Vucic – continuerà a lavorare sui problemi legati ai rapporti della Chiesa serba ortodossa in Kosovo, oltre che sulla pretesa di protezione delle numerose enclave di etnia serba intrappolate a macchia di leopardo sul territorio kosovaro per un totale di 200mila abitanti contro un milione e 600mila cittadini di etnia albanese. Il Capo dello Stato di Belgrado ha poi osservato che “la pace è il nostro più grande interesse” e per questo le sfide richiedono “che restiamo al tavolo delle trattative con il rispetto dovuto ai cittadini serbi in Kosovo”.

Per contro la risposta del governo kosovaro non si è fatta attendere: “A qualsiasi azione unilaterale nel nord del Kosovo delle milizie organizzate serbe seguirà sicuramente una risposta da parte di Pristina che ha un proprio esercito tollerato ed anzi potentemente foraggiato dagli USA.

Ma chi “comanda” veramente mostrando i muscoli nel paese balcanico uscito da una guerra terribile tra il 1997 e il 1998 tra i militari e la polizia speciale serbi e i miliziani separatisti albanofoni dell’UCK con la repressione della popolazione kosovara per difendere la quale fu scatenata dalla Nato tra il marzo e il giugno del 1999 la campagna militare ad alta intensità, poi chiusa con l’Accordo di Kumanovo del 12 giugno 1999, con l’ingresso del Contingente multinazionale Kfor e l’istituzione non facile dell’amministrazione imparziale dell’ONU con la Missione UNMIK, poi in parte sostituita con l’autorità di missione europea EULEX.

LN ha sentito l’esperto di strategie militari serbo Ljuban Karan: “Gli USA stanno armando il Kosovo”

“Washington destinerà dieci milioni di dollari alla Forza di Sicurezza del Kosovo per la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata”. L’esperto analista militare serbo Ljuban Karan, ha dichiarato “che questa è una provocazione da parte degli Stati Uniti. Penso che questo sia un altro che un esempio di pressione militare sulla Serbia. Abbiamo a che fare con azioni specifiche sull’armamento, l’addestramento e la formazione dei nostri potenziali avversari” – dice Karan.

Egli ritiene che in questo modo gli Stati Uniti stanno preparando l’esercito kosovaro all’aggressione delle comunità serbe presenti in Kosovo. “Questo gesto può anche essere percepito come un tentativo di costringere la Serbia ad abbandonare la politica di neutralità militare. O forse è parte di un piano a lungo termine per la preparazione dell’esercito ad un possibile attacco contro le enclave serbe nel nord del Kosovo” – suggerisce Karan. L’esperto militare è convinto che l’obiettivo finale di tutto ciò che sta accadendo è la realizzazione del desiderio della NATO di unirsi quanti più Paesi possibile e contrastare così l’influenza russa in diverse aree balcaniche.

A tal proposito, il politologo serbo Aleksandar Pavic ritiene che la Serbia dovrebbe esprimere il proprio dissenso agli Stati Uniti e alla NATO per l’aperto sostegno fornito da Washington alla Forza di Sicurezza del Kosovo. “Questa iniziativa non favorisce la pace – afferma Pavic – in quanto può influenzare l’esito dei negoziati sul destino del Kosovo e Metohija. La NATO e la SFK (Segurimi Forcave Kosoves, n.d.r.) hanno ripetutamente parlato del loro rispetto per la Risoluzione 1244, secondo cui la KFOR è l’unica formazione armata legittima sul territorio del Kosovo. Il compito della diplomazia serba di Belgrado avrebbe dovuto sollevare polemiche su questa storia e usarla come strumento diplomatico” – ha detto Pavic.

Secondo l’esperto militare “l’Unione Europea, in qualità di mediatore nei negoziati sul Kosovo, avrebbe dovuto far capire agli Stati Uniti che tale intervento compromette il processo di negoziazione”.

Si muove anche la Russia

Dall’ambasciata russa a Tirana in Albania si è fatta diffondere ufficialmente oggi una nota che avvisa la Nato a non incitare tensioni in una regione complicata. Come riportato dall’Agenzia Nova: “Tutte le questioni relative allo status del Kosovo devono essere risolte sulla base della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza Onu. La Russia non intende stare a guardare se le parti incorreranno in violazione di tale risoluzione”

Il Primo Ministro del Kosovo, Ramush Haradinaj, – ex Vicecomandante UCK – nel frattempo ha dichiarato nei giorni scorsi all’emittente televisiva pubblica “Rtk” che il confine con Kosovo-Serbia non si tocca da come è definito attualmente. “Nessuna spartizione. La correzione dei confini del Kosovo non significa una partizione del paese o uno scambio di territori con la Serbia. I confini del Kosovo possono cambiare solo con una guerra e l’unico argomento di discussione con la Serbia è il riconoscimento della nuova amministrazione governativa di Pristina con il Presidente Hashim Thaci”.

Marcello Di Meglio