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Peste suina e abbattimento cinghiali, interrogazione di Bruzzone al ministro Schillaci

Francesco Bruzzone (Lega)

Il deputato ligure Francesco Bruzzone oggi ha presentato un’interrogazione a risposta scritta al ministro della Salute Orazio Schillaci sulla questione della Peste suina e l’abbattimento dei cinghiali. Ecco il testo integrale.

“A distanza di più di 10 mesi dal primo caso (dal 7 gennaio 2022, è stata accertata la presenza della peste suina africana (PSA) nelle popolazioni di cinghiali nei territori delle regioni Piemonte e Liguria) nelle province di Alessandria, Savona e Genova il contenimento della diffusione della peste suina non sta funzionando come dovrebbe.

Dal primo caso fino a oggi in tutta la Liguria e il Piemonte su 2.746 cinghiali campionati 189 sono risultati positivi, in particolare, in Piemonte su 1.688 cinghiali campionati 122 sono risultati positivi e nella zona, sempre in Piemonte, di restrizione II, su 387 cinghiali campionati 122 sono risultati positivi mentre nella zona di restrizione II in Liguria su 613 cinghiali rinvenuti 66 sono risultati positivi.

A oggi non è stato avviato alcun significativo intervento di depopolamento del cinghiale, unico strumento efficace per eradicare la PSA, probabilmente nella vana speranza che i cinghiali, nella Zona di restrizione II, morissero da soli per il contagio, invece questi sono addirittura aumentati in seguito alle nuove nascite, contrariamente a quanto auspicato, come dimostrano i dati relativi all’aumento dei danni all’agricoltura e degli incidenti stradali.

Risulta all’interrogante che con un atto amministrativo sia stato previsto per gli esemplari abbattuti nella Zona di restrizione II, anche se risultati negativi alle successive analisi, vengano portati agli inceneritori proibendo in questo modo l’autoconsumo, come avviene per la Zona di restrizione I, considerato che non esiste alcuna delimitazione fisica tra i due ambienti.

Tra l’altro, l’articolo 49 del Regolamento di Esecuzione (UE) 2021/605 prevede che l’unica precauzione che deve essere osservata è che i cinghiai prelevati non possono essere trasportati o commercializzati al di fuori delle zone I e II, ma non vieta la caccia e l’autoconsumo delle carni dei capi abbattuti, dopo ovviamente il risultato negativo delle analisi.

Con questo atto i cacciatori non hanno alcun interesse e motivo etico ad effettuare gli abbattimenti dei cinghiali, proprio nel momento in cui la stagione venatoria è già aperta, se questi dovranno essere inceneriti anche se negativi alla PSA, portando, quindi, ad un rallentamento del loro contenimento; la diffusione della peste suina africana e il grande rischio di espansione della stessa sono infatti legati prevalentemente al proliferare dei cinghiali, riconosciuti come principali vettori della malattia.

A parere dell’interrogante nell’atto di cui sopra non si ravvede una logica, sanitaria o giuridica per cui nelle zone di restrizione II i capi risultati negativi ai controlli sanitari debbano essere comunque portati all’inceneritore vietando di fatto l’autoconsumo.

Auspicare che la malattia faccia il suo corso e che i cinghiali si persuadano che devono morire, è imprudente e rischioso perché questa inattività dei cacciatori surrettiziamente imposta genererà sempre più danni e maggiori problemi di incolumità pubblica, oltretutto rendendo endemica la malattia sul territorio con tutte le conseguenze, come un aumento e allargamento della diffusione della PSA, e le responsabilità che ne conseguiranno.

I cacciatori chiedono di poter intervenire per iniziare le operazioni di depopolamento del cinghiale ovviamente con l’autoconsumo degli animali che saranno risultati negativi al virus.

Se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non intenda chiarire quali debbano essere effettivamente le norme e le azioni da mettere in atto al fine di limitare la diffusione della PSA in quanto bloccare in questo modo le operazioni che consentirebbero il contenimento dell’epidemia, comporta un un’invasione degli animali e conseguenti danni alle colture delle zone interessate e causerebbe, altresì, un danno enorme in termini sia economici che di sicurezza oltre ad evidente rischio che la malattia diventi endemica”.