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Obbligo vaccinale per i sanitari, a Genova un caso estremo

Obbligo vaccinale per i sanitari, a Genova un caso estremo
Il centro vaccinale al San Martino di Genova

Il caso di un’infermiera del San Martino di Genova a casa con la 104 per gravi motivi famigliari

Ieri sera la trasmissione in onda su Rete Quattro “Fuori dal coro” a cura del bravo ed “agitato” Mario Giordano ha toccato, fra l’altro, un argomento molto particolare: la vaccinazione anti covid 19 obbligatoria per i sanitari.

Si tratta di un argomento particolarmente spinoso e dibattuto in quando il non vaccinarsi comporta da parte dell’Asl, la sospensione del sanitario dal servizio, dallo stipendio e dalla retribuzione dei contributi utili alla pensione.

In tutta Italia, non pochi medici, infermieri, Oss ed operatori sanitari in genere, non hanno voluto o potuto vaccinarsi per le più svariate ragioni.

L’indagine svolta dai giornalisti Mediaset della trasmissione ha evidenziato, anche, come tale obbligo vaccinale o la sospensione dal servizio, non sia ottemperato nello stesso modo da tutti gli ospedali o dalle strutture sanitarie, anzi. La domanda che sorge spontanea è “come vengono fatte queste scelte?”

In alcune regioni, si vede nel servizio di Fuori dal Coro, come sia stato usato il pugno di ferro, in altre, come si sia proceduto a macchia di leopardo, in altre, ancora, come non ci siano state sospensioni.

A proposito del pugno di ferro c’è un caso recentissimo a Genova che coinvolge un’infermiera del Policlinico San Martino di Genova (Asl3), in servizio da 37 anni, di cui 20 a Medicina del lavoro.

Questa donna che ha 54 anni e si chiama Lina, è mamma separata di un ragazzo di 23 anni che ha un’invalidità al 100% e si è vista recapitare a casa un foglio di sospensione dal servizio per mancata vaccinazione.

La particolarità è che lei è a casa, in quanto è in congedo parentale da diversi mesi, per assistere il figlio che è affetto da un linfoma.

“Nella mia carriera di infermiera – ci racconta Lina – ho girato tantissimi reparti, l’ultimo Medicina del lavoro dove ho passato 20 anni.

Benché abbia una conclamata patologia per asma, abbia diverse allergie, reazioni avverse e sia stata inserita nelle categorie fragili, in 37 anni mi sono messa solo pochissime volte in malattia”.

“Ho sempre lavorato – spiega – anche con la febbre a 40. Poi mio figlio si è ammalato e ha dovuto fare la chemio e poi l’autotrapianto.

La legge prevede, con la 104 (ex D. Lgs. n. 151/2001) di prendere fino a 24 mesi di congedo retribuito.

Io dapprima, ne ho usufruito nel 2019, nel momento più brutto per accompagnare mio figlio in ospedale, e ho preso 10 mesi. Poi, in agosto, sono rientrata al lavoro per 10 mesi cercando per quanto possibile di accudirlo.

Ma non bastava. Le cure non avevano effetto e con quelle nuove ho dovuto richiedere dei mesi di congedo per assistere mio figlio; l’ultima chemio, infatti, ha lasciato degli strascichi neurologici e non è autonomo.

La direzione del San Martino ha approvato tale congedo fino a gennaio 2022. Ora mi arriva questa lettera di sospensione per mancato vaccino”.

“Ma io non sto lavorando, sono in congedo parentale autorizzato e retribuito, non sono nei reparti. A parte tutto, poi, non sono contraria al vaccino, mio figlio è, infatti, vaccinato.

Ma, sinceramente, se io faccio il vaccino e poi mi sento male già che ho certe patologie, chi mi segue e, sopratutto, chi seguirà mio figlio? Poi, a parte quello, se io sono in congedo con la 104, cosa di cui, sia l’Asl che l’ospedale, sono a conoscenza, e quindi non vado a lavorare e non sono in reparto, perché devo essere sospesa?

Mi domando, pure, ma ad un lavoratore che è a casa con la 104 per gravi problematiche, come si fa levare lo dispendio che è l’unica fonte di reddito?

Nella legge per l’obbligo vaccinale dei sanitari, tra l’altro, non si parla di vaccinazioni per chi ha la 104.

Ora senza stipendio come vado avanti? L’ospedale non autorizza gli infermieri a fare altri lavori: sono davvero disperata”.

Situazione davvero particolare ed estrema per l’infermiera Lina che ha voluto condividere con noi la sua problematica di sopravvivenza.

Sembra, anche, non essere l’unica a trovarsi in tale situazione.

Se, però, la Regione Liguria, sta usando il pugno di ferro per i sanitari, la vicina Regione Piemonte con lettera del 16/09/2021, ad opera della direzione Sanità e Welfare, parla di alcune esclusioni a loro dedicate.

Le esclusioni riguarderebbero proprio i sanitari che sono a casa per seri e validi motivi quali: “tutela e sostegno della maternità e della paternità ex D. Lgs. n. 151/2001 (congedo per maternità e per paternità e congedo parentale)”; “congedo straordinario retribuito ai sensi dell’art. 42, comma 5, D. Lgs. n. 151/2001”; “congedi per rischio radiologico o da gas anestetici o ferie (congedo ordinario) solo se preventivamente autorizzate in data antecedente l’accertamento”; “infortunio sul lavoro o malattia professionale”.

“Nei casi sopra specificati – si legge nella lettera che ha per oggetto ‘Obbligo vaccinale ex art. 4 del D.L. n. 44/2021 convertito dalla L. n. 76/2021. Prime indicazioni operative’ – gli effetti della sospensione decorrono dal primo giorno successivo allo scadere dell’assenza, non prorogabile su richiesta del lavoratore e la stessa sospensione mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.”

Ora non si mette in discussione la necessità di fare il vaccino, anzi, semplicemente anche la Liguria e altre regioni, potrebbero analizzare meglio singoli casi ed adottare, per certe situazioni, questa metrica decisamente più umana. L.B.