Sappe: Altri due telefonini trovati in una cella della Seconda sezione
“Da lei non ce lo aspettavamo“. Una suora ha tentato di introdurre un telefono cellulare nel carcere di Marassi a Genova e, non avendo rispettato il divieto imposto dalla normativa, è stata bloccata dagli agenti della Polizia penitenziaria.
La religiosa era regolarmente autorizzata a incontrare un detenuto, ma ieri è stata colta sul fatto dagli agenti mentre stava cercando di consegnargli il dispositivo telefonico.
“Ci complimentiamo per la brillante operazione e per la professionalità della Polizia penitenziaria- hanno commentato dalla Uilpa Polizia penitenziaria- ma urgono interventi preventivi atti a impedire in origine l’introduzione di oggetti non consentiti e traffici illeciti che in carcere fruttano il triplo rispetto al mondo libero. Certo, da una suora non ce l’aspettavamo proprio. Servono rinforzi organici, strumentazioni ed equipaggiamenti. Va altresì riorganizzato il modello detentivo“.
“Una suora ammessa in carcere a Marassi ad un incontro con alcuni detenuti ha tentato di introdurre illecitamente un telefono cellulare ma è stata scoperta e bloccata dalla Polizia Penitenziaria. L’episodio evidenzia ancora una volta la necessità di dotare la Penitenziaria di strumenti tecnologicamente avanzati, anche in grado di schermare gli istituti di pena, per contrastare questo fenomeno”. Così, Vincenzo Tristaino, segretario regionale del SAPPE, commenta la notizia della religiosa fermata dalla Polizia Penitenziaria nel carcere di Marassi (Genova) nel quale stava cercando di introdurre un cellulare.
“Grazie agli sforzi finora profusi – continua il sindacalista – la Polizia Penitenziaria, malgrado i turni massacranti e le scarse risorse, riesce comunque ad arginare i tentativi fraudolenti di introduzione sia di telefonini sia di droga, evitando così gravi ripercussioni per l’ordine e la sicurezza interna. Complimenti ai colleghi del carcere di Marassi, che hanno trovato due cellulari anche in una cella della II Sezione del penitenziario”.
Lapidario il commento di Donato Capece, segretario generale del SAPPE, che ricorda che introdurre o possedere illegalmente un telefono cellulare in carcere costituisce reato, punito da 1 a 4 anni di reclusione: “L’introduzione del reato nel nostro Codice penale, purtroppo, non ha sortito gli effetti sperati; l’unico deterrente possibile rimane la schermatura degli istituti per rendere inutilizzabili i telefoni. La situazione è ormai fuori controllo. È necessario un intervento urgente per dotare le carceri di sistemi di schermatura efficienti e per contrastare efficacemente l’introduzione di telefoni cellulari all’interno degli istituti penitenziari”. E si appella al DAP: “domandiamo ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria a che punto è proprio il progetto di schermatura degli istituti, proprio per neutralizzare l’utilizzo dei telefoni cellulari e scoraggiarne l’introduzione, garantendo così quella prevenzione che, in casi di questo tipo, può risultare più efficace della repressione”.