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Il Nano Morgante | L’io incompleto

Il Nano Morgante | L’io incompleto
Nano Morgante. Narciso è un dipinto a olio su tela per primo attribuito a Caravaggio dallo storico dell'arte Roberto Longhi, sebbene un dibattito ne abbia proposto l'attribuzione ad altri pittori quali lo Spadarino, Orazio Gentileschi, Niccolò Tornioli. Fu dipinto all'incirca tra il 1597 e il 1599.

Paradossale, in un’ epoca che si propone emancipata, che si svolga spasmodica e inconfessata l’aspirazione all’ anima gemella, riconducibile sostanzialmente all’assunto per cui l’essere umano si sente incompleto come dispari e completo come pari, simile al “sogno di 1 cellula di  diventare 2”, scomodando il biologo F. Jacob.

Per sintetizzare all’osso, malgrado le molte enunciazioni sull’autonomia personale, l’umano affronta l’originaria condizione dell’io, dell’unità con se stesso, rincorrendo l’affiancamento quotidiano, la presenza di un’altra persona.

Ciò enuclea il senso di solitudine interiore della condizione di unità,  tanto più in una società che pone questo abbinamento come  esauditore del benessere affettivo.

La faccenda purtroppo é riconducibile all’ordinaria prospettazione di un tempo personale che risarcisce ogni obiettivo debole  (qual è spesso il presupposto di specie) col tribolamento.

Ogni individuo appartenente alla società odierna concorre, di fatto,  a realizzare vari tipi di solitudine  che ben richiamano l’atmosfera dei dipinti di E. Hopper.

L’idea conseguente di colmare, in qualche modo, una procurata solitudine impone quindi una presenza addizionale, storicamente contrabbandata con l’immagine confortante dell’ anima gemella, oggi rintracciabile con facilità con l’uso di un social  che, come la pesca a strascico,  abbina le singole mancanze.

La dis-focalità nel concetto di unione, la dissoluzione dei valori sociali e affettivi, lo smarrimento dell’individuo dinanzi ad una inesorabile frenetica transitorietà  non tardano  a condurlo alla solitudine tradizionale e all’esigenza di convertirla, appena possibile, con una solitudine di coppia.

E’ pur realistico tale paradosso che, ben mimetizzato tra la folla, viene prediletto al punto da indurre la pubblicità televisiva a menzionarne, tra le righe, la domestica insidiosa presenza.

A prescindere dagli aspetti prosaici che il sistema  genera, l’uomo sussume  il dispari, l’ io solitario, come assillo esistenziale, come elemento sagittale, dolente in quanto divisivo.

Nondimeno, anche a fronte al vagheggiamento pedagogico della primazia della formula a due  piuttosto che singola, una quota di individui, pur adempiendovi,  permane in-completa.

Non é casuale, per concludere, che un elevato numero di individui, pur completati nella forma, ricorra nella sostanza ai contatti social  per arginare la solitudine. Massimiliano Barbin Bertorelli