Pur premettendo che “qualunque libertà è regolata” (cit. S. Zizek), resta il mistero del come mai l’individuo contemporaneo, teorico titolare di un pensiero autonomo evoluto, non si accorga del proprio stato di passiva inermità e di soddisfare bisogni eterodiretti.
Questo individuo, infatti, sebbene oggettivamente asserragliato da condizionamenti & obblighi, permane a vita nella convinzione di essere libero, di disporre liberamente di sé e della propria esistenza.
Contrapponendo a tale convinzione l’ irriverente considerazione per cui “la libertà di movimento dell’uomo è quello di un violino nell’astuccio” (cit. M.Nicoll), non vi è dubbio che, a rendere possibile tale misterica inermità, intervenga tra capo e collo una medialità persuasiva omologante che, per giogo economico, dissuade da ogni pensiero autonomo critico.
Riflettendo sulla teoria per cui “la libertà autorizzata non è libertà” (cit.G. Agamben) e sulla pratica sciabolesca che la libertà individuale ha subìto nei tempi bui del trascorso contagio, è possibile avvedersi dell’ ingerenza censoria & spersonalizzante del “grande altro” (cit. S. Zizek), il cui superiore operato contraddice costantemente il concetto di libertà.
Oggidì, la libertà dell’individuo consiste di fatto nell’ omologazione, a conferma dell’ attitudine a persuadersi di essere ciò che non è e di desiderare ciò che non ha.
In specie, la libertà individuale soggiace a un giogo economico immaginifico, che abilmente spaccia per personalità ogni comportamento impersonale e stereotipato, nella misura in cui, fin dall’antichità, “l’uomo crede in ciò che immagina” (cit. C. Tacito).
Detto fatto, l’individuo è portato a concedere la propria fiducia all’ informazione mediatico-pubblicitaria: ahilui, un partner ben poco affidabile.
A differenza dell’incredulo San Tommaso nel dipinto di Caravaggio, l’individuo crede alla cieca in ciò che il mercato gli indica: non a caso, crede di trarre solo vantaggio da ogni novità tecnologica.
In sostanza, tale uso della comunicazione radica nell’individuo certezze improprie (anche) sul concetto di libertà e dissolve magicamente ogni riflessione sul fatto che “la libertà, come l’eguaglianza, è una condizione il cui possesso è sempre soggetto al rischio depredazione” (cit. N. Urbinati). Massimiliano Barbin Bertorelli
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