E’ sufficiente osservare la fisionomia psicologica ordinaria dell’individuo contemporaneo per percepirne il malessere, il senso di ansietà che lo pervade. E per capire che il conseguente onere emotivo non è distribuito equamente tra gli individui: esso è presente anche (soprattutto) in chi agisce meritoriamente.
Sussiste il paradosso, infatti, per cui questo malessere include e attanaglia l’ individuo disciplinato, giacché egli, proprio nell’atto scrupoloso di riconoscere, rispettare e adempiere le regole/norme di comportamento codificate, si addossa, tra l’altro, l’ onere di vigilare sul rispetto altrui e/o di censurare ogni opposto comportamento.
Ha dunque una logica il fatto che accogliere e interiorizzare le innumerevoli regole del vivere sociale e civico, fare propri i quotidiani allertismi (meteo, piuttosto che sanitari) mediatico-istituzionali, vigilare e, se del caso, censurare l’ indisciplinato, assomma sul buon cittadino un sovraccarico di ansietà.
In altre parole e per altro verso: chi, volendo e potendo, elude la stretta osservanza-vigilanza di regole/norme/allertismi, non si fa carico della conseguente ansia.
A menzione storico-comparativa, va ricordato che già nella Grecia antica si disquisiva, tra l’altro, in tema di auto-coscienza: la capacità dell’ individuo di decidere in cosciente autonomia quando una regola/norma/allertismo è ragionevole e, dunque, meritevole di adempimento.
Nondimeno, sempre in relazione al senso di ansietà, taluni hanno persino individuato nella supplica di Cristo sulla Croce, “mio Dio, perché mi hai abbandonato?” (cit. Vangelo di Matteo), il riverbero dell’ ansia sull’ umanità.
Fatto sta che oggidì la lotta ingaggiata a colpi di ansiolitici contro l’ ansietà è tanto quotidiana, quanto sottovalutata.
Non resta che scrivere, come si faceva sulla lavagna alla scuola elementare, un pubblico elenco di cittadini buoni, che adempiono volontariamente alle regole/norme e di cittadini cattivi, che le disattendono o le rispettano a seconda dei casi.
E’ anche interessante notare, nel caso di una volontà sottomessa a regole/norme/allertismi, il non riflettere sulla loro ragione di essere e, nel contempo, quanto tale sottomissione produca nell’individuo la sensazione di essere potenzialmente minacciato dall’ arbitrio del potere sanzionatorio e dall’ ignominia di un giudizio della società subìto come giudizio universale (cit. P.Bordieau – JJ. Rousseau).
Dunque, per ribadire il concetto, sul capo dell’individuo disciplinato, oltre una straordinaria ansietà, causata da imprevedibili traversie personal-familiari, grava l’ ordinaria ansietà, causata da una ipertrofia regolatoria/sanzionatoria.
In definitiva, tale baraonda di regole/allertismi, invece di rassicurare emotivamente la vita quotidiana dell’ individuo disciplinato, la fragilizzano ulteriormente in una costante percezione del pericolo. Massimiliano Barbin Bertorelli