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Cassazione e pm genovesi contro partito vicepremier: sequestrare conti Lega ovunque siano

L'ex tesoriere della Lega Nord di Bossi con il senatùr (foto d'archivio)

“Ovunque venga rinvenuta” qualsiasi somma di denaro riferibile alla Lega Nord (su conti bancari, libretti, depositi) deve essere sequestrata fino a raggiungere i quasi 49 milioni di euro, provento della presunta truffa ai danni dello Stato per i rimborsi alla Lega Nord di una decina di anni fa.

Lo hanno sottolineato oggi i giudici della Superma Corte di Cassazione nelle motivazioni che hanno accolto il ricorso della Procura di Genova controil partito del vice premier Matteo Salvini. Il Tribunale del Riesame ora dovrà seguire le indicazioni degli ermellini.

Finora erano stati bloccati circa 1,5 milioni di euro, ossia quelli che erano stati trovati in tutta Italia.

Ad avviso dei giudici, la Guardia di Finanza può procedere al blocco dei conti della Lega in forza del decreto di sequestro, emesso lo scorso 4 settembre dal pm genovese, senza necessita’ di un nuovo provvedimento per eventuali somme trovate su conti in momenti successivi al decreto.

Invece, per Giovanni Ponti, legale della Lega, le uniche somme sequestrabili sono quelle trovate sui conti “al momento dell’esecuzione del sequestro” con “conseguente inammissibilità delle richieste del pm di procedere anche al sequestro delle somme ‘depositande’”.

Secondo la difesa della Lega, la Procura di Genova potrebbe chiedere la confisca “anche delle somme future” solo durante il processo di appello.

Tuttavia, la Cassazione ha obiettato che i soldi sui conti potrebbero non essere stati trovati al momento del decreto “per una impossibilita’ transitoria o reversibile”, e il pm non deve dare conto di tutte le attività di indagine svolte “altrimenti la funzione cautelare del sequestro potrebbe essere facilmente elusa durante il tempo occorrente per il loro compimento”.

Secondo i giudici, il decreto di sequestro dei conti della Lega e’ un provvedimento che “e’ stato emesso in osservanza dei presupposti di legge e che non e’ stato oggetto di impugnazione da parte della Lega Nord”.

LE MOTIVAZIONI DEL VERDETTO DI CASSAZIONE CONTRO LA LEGA.

Nel verdetto di oggi gli “ermellini” sbloccano la ricerca e il sequestro ‘a tappeto’ dei conti anche per le somme rinvenute dopo l’emissione del decreto e cioè nel prosieguo delle indagini a caccia del presunto “tesoro” che secondo l’accusa sarebbe stato incamerato illecitamente dal Carroccio tra il 2008 e il 2010 “senza bisogno di un nuovo decreto”.

In sostanza, i magistrati hanno posto l’accento sul fatto che la Lega, dopo la condanna di Bossi e Belsito, non abbia contestato la legittimità del sequestro delle somme che sarebbero state incamerate dall’ex leader, ma che solo in seguito il partito (oggi guidato dal vice premier Matteo Salvini) abbia cercato di “frenare” sul sequestro delle somme che in futuro potrebbero affluire sui conti.

Per questa vicenda giudiziaria, Umberto Bossi, rieletto al Senato, e’ stato condannato a due anni e sei mesi di reclusione in primo grado, l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito (genovese d’adozione ed espulso dal partito) a quattro anni e dieci mesi, a un anno e nove mesi Stefano Aldovisi, a due anni e otto mesi ciascuno Diego Sanavio e Antonio Turci. Questi ultimi tre sono stati condannati in quanto revisori dei conti della Lega.

Nel processo, la condanna piu’ elevata e’ stata quella a cinque anni di reclusione per riciclaggio inflitta a Paolo Scala e Stefano Bonet, imprenditori sospettati di aver trasferito parte del presunto “bottino” verso Cipro e la Tanzania.

La richiesta avanzata in corso di esecuzione dal pm – ha aggiunto Cassazione – di estendere l’originario provvedimento cautelare, che era finalizzato alla confisca diretta della somma di 48 milioni 696.617 euro, anche alle somme affluite in un momento successivo alla data di esecuzione del decreto di sequestro del quattro settembre 2017 sui conti e depositi riferibili alla Lega Nord, non comporta novazione“.

Ossia non richiede un nuovo atto di sequestro. Questo perche’, prosegue il verdetto 29923 della Suprema Corte: “l’oggetto della misura cautelare è sempre quella del decreto originario, che tra l’altro non e’ stata oggetto di contestazione, e cioè l’esistenza di disponibilità monetarie della percipiente Lega Nord che si sono accresciute del profitto del reato, legittimando cosi’ la confisca diretta del relativo importo, ovunque e presso chiunque custodito e quindi anche di quello pervenuto sui conti e/o depositi in data successiva all’esecuzione del provvedimento genetico“.