Presentato il nuovo numero della rivista Il Vaso di Pandora ai Giardini Luzzati, con focus su femminicidio, imputabilità e cultura della responsabilità
Nel 2023 in Italia si sono registrati 96 femminicidi, l’82% degli omicidi con vittime donne. In 63 casi, gli autori erano partner o ex partner. Numeri drammatici che, sebbene abbiano acceso l’attenzione pubblica e mediatica, non sempre generano un dibattito capace di affrontare la complessità dei fenomeni, specie quando si intrecciano con temi come la salute mentale, la giustizia penale e la responsabilità sociale.
Proprio per aprire un confronto su questi intrecci delicati e attuali, oggi a Genova, presso lo Spazio Archeologico dei Giardini Luzzati, è stato presentato il nuovo numero monografico della rivista Il Vaso di Pandora – Dialoghi in psichiatria e scienze umane, pubblicata da Erga Edizioni.
Una riflessione tra diritto, cura e narrazione
Il volume, curato da Norberto Miletto e Monica Carnovale, entrambi professionisti attivi nella REMS ligure, affronta il tema del femminicidio con uno sguardo interdisciplinare. L’intento è proporre un’analisi capace di intrecciare diritto, salute mentale, cultura narrativa e responsabilità collettiva, superando le semplificazioni che spesso caratterizzano il discorso pubblico.
Ad aprire la pubblicazione è l’ultimo saggio teorico di Grazia Zuffa, scomparsa recentemente. La studiosa propone una riflessione coraggiosa sull’uso simbolico del diritto penale nella lotta alla violenza di genere, mettendo in discussione le nozioni consolidate di punizione, soggettività femminile e cultura patriarcale.
Gli esperti e il nodo dell’imputabilità
Accanto a Zuffa, intervengono nel volume nomi autorevoli come Franco Corleone, Patrizia Meringolo, Marco Vaggi, Pietro Pellegrini, Emilia Rossi, Giulia Melani e Paolo Rossi. In particolare, Corleone – già Garante nazionale dei diritti delle persone detenute – si concentra sulla non imputabilità dei soggetti psichiatrici, criticando l’attuale sistema giudiziario che spesso confonde trattamento e punizione.
«Smascherare la costruzione strumentale del “folle reo” – ha dichiarato Corleone – è fondamentale per riformare un sistema che continua a utilizzare il doppio binario giuridico per separare punizione e cura. La psichiatria non può diventare uno strumento del controllo penale, e la giustizia non può ridursi a una risposta automatica fondata su perizie e paura. È una questione politica e culturale che tocca le radici dello Stato di diritto.»
Verso una cultura dell’inclusione e della complessità
L’incontro ha rappresentato un importante momento di riflessione collettiva, con l’obiettivo di costruire una cultura della cura e della responsabilità. Il messaggio emerso è chiaro: occorre superare le logiche settoriali e aprire un dialogo reale tra psichiatria, giustizia e società, capace di restituire dignità, diritti e comprensione alla complessità umana.
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