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Toti, penalisti: ordinanza cautelare non è verità, 50% processi conclusi con assoluzione

Arresti Genova, Piacente: Non è un'inchiesta ad orologeria
Il Tribunale di Genova (foto di repertorio)

“Riteniamo che il divieto di pubblicazione dell’ordinanza cautelare sia un passo doveroso a tutela della presunzione di innocenza, perche’, come il caso Toti dimostra e tanti altri prima di lui, certa stampa ne fa un utilizzo strumentale a enfatizzare il teorema accusatorio, presentandolo come verita’ accertata e, nello stesso tempo, coprendosi le spalle di fronte a future smentite all’esito del processo”.

Lo hanno dichiarato oggi i responsabili della Giunta e l’Osservatorio sull’informazione giudiziaria dell’Unione delle Camere penali, affermando in un documento che “la norma che consente la pubblicazione delle ordinanze cautelari colpisce ancora. Questa volta e’ il turno di Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, posto agli arresti domiciliari proprio a un passo dalle elezioni europee e amministrative di giugno”.

Secondo i penalisti italiani “e’ sbagliata la norma che consente ai giornalisti di pubblicare il contenuto dell’ordinanza cautelare, presentandola come se fosse una verita’ gia’ acquisita.

Una pubblicazione sbagliata perche’ tradisce la presunzione di innocenza, che e’ un diritto costituzionale di ogni cittadino, ma continuamente calpestato.

E perche’ l’ordinanza cautelare per definizione non contiene la verita’ assoluta, ma si limita a recepire la tesi di una delle parti del processo, l’accusa, che viene in moltissimi casi ribaltata e quasi sempre profondamente modificata dopo il processo”.

Statisticamente in Italia oltre il 40% dei processi di primo grado si conclude con l’assoluzione e oltre il 50% delle sentenze di condanna vengono riformate in appello, vogliamo rendercene conto e smetterla di distruggere l’immagine delle persone con il processo mediatico?

Il fatto che il processo, quello vero, arrivi in ritardo, per colpa, ancora una volta, della giustizia e non certo del cittadino imputato, non legittima nessuno, neppure chi esercita il diritto/dovere di informazione, a calpestare e a stravolgere la vita di una persona, si chiami Giovanni Toti o Mario Rossi”.