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Roberto Vescovo espone alla Libreria Cento Fiori di Finale Ligure

Sabato pomeriggio a Finale Ligure il noto critico ed esperto d'arte Armando D'Amaro presenterà Roberto Vescovo, il famoso fotografo maestro del MetaRealismo. La personale è ospitata nella celebre Libreria Cento Fiori, in via Ghiglieri,1. Grande attesa per l' evento fra gli appassionati di arte contemporanea e di fotografia.

Vescovo con D'Amaro e la Chiesa (Foto Daros)

SAVONA – Grande attesa fra gli appassionati d’arte e di fotografia per la personale che il collezionista ed esperto d’arte Armando D’amaro ha pensato di dedicare ad uno dei personaggi più interessanti del mondo dell’arte ligure a cavallo dei due secoli: Roberto Vescovo. L’ inaugurazione è prevista per sabato alle ore 18 presso la storica Libreria Cento Fiori, in via Ghiglieri, 1, diretta da Stefano Sancio.

“Definire Vescovo un fotografo– ci ha spiegato lo stesso curatore ed editor D’Amaro- ci sembra un po’ riduttivo. Lo è riferendosi al Roberto Vescovo di oggi, ieri e forse anche ieri l’altro, visto che fin da giovanissimo nei suoi scatti, ritraenti celebrità o sconosciuti, andava oltre le semplici apparenze, sempre com’era ad indagare sulle interiorità più profonde dei soggetti…d’altronde, nei primissimi anni ’70, era già invitato ad esporre con pittori di alto livello”.

Il filo conduttore del suo percorso d’avanguardia infatti si snoda come un’ininterrotta ricerca espressionista: “Il risalto cromatico- prosegue D’amaro- il segno intenso e la frequente tragicità dei temi palesano un’arte dove prevalgono deformazioni o citazioni suggestive della realtà tanto da accentuarne emozionalmente i drammi, estrapolati dalla banalità del quotidiano da cui scaturisce sempre un disperato amore per la vita”.

Ma sentiamo cosa aveva affermato lo stesso artista, in una precedente intervista, che realizzammo in occasione della sua memorabile personale presso il prestigioso Centro Artistico e Culturale Bludiprussia ad Albisola: “Una fotografia – ci spiegò allora Roberto Vescovo- è come una cipolla. Ha tanti strati. Mentre quelli superiori sono legati maggiormente alla realtà, più si va in profondità più possiamo attingere all’ essenza di quello che lo scatto ci voleva comunicare, o che esso stesso è riuscito a farci emergere dal profondo della nostra interiorità. In un mondo in cui la fotografia ci sommerge con la sua superficialità attraverso media e social network, io cerco di andare un po’ più in profondità perchè sono davvero convinto che oltre ad una immagine ci sia un’ altra immagine”.

In Vescovo sono presenti sempre desiderio di ricerca, grande studio dell’ ‘immagine ed il suo superamento, attraverso un lavoro accurato e paziente, realizzato anche tramite tecniche digitali che egli sa utilizzare con sapiente maestria.

“Roberto – continua D’Amaro- è certamente intellettuale, ma non intellettualistico ed ha vero talento. Le sue visioni interagiscono con il nostro intimo più sensibile, ci conducono allo stupore, in una società che ha perso la capacità di guardare il mondo con la necessaria curiosità e nella l’arte non riesce più neppure a farci porre domande”.

Vescovo si può dire essere un autentico figlio d’ arte: il padre Aldo è stato fotografo e fotoreporter della “Gazzetta del Popolo”; la madre Anna una delle primissime donne fotografo del Dopoguerra. Era una coppia attiva ed impegnata che anche fu di ispirazione per il famoso racconto di Italo Calvino “L’ avventura di un fotografo”.

Roberto già nel 1971 era considerato un fotografo d’arte: esponeva le sue foto insieme alle opere di artisti famosi come Emilio Scanavino. Vescovo ha esposto in importanti gallerie e fondazioni, le sue foto e le sue opere sono presenti in importanti musei internazionali ed in preziose collezioni private. Su lui hanno scritto importanti interventi, fra gli altri, Monica Savarese, Edmondo Berselli, Daniele Decia, Maria Grazia Chiesa, Pascal Mc Lee, Antonio Rossello, Ferdinando Molteni, Carlo Rovelli, Adalberto Guzzinati, Paola Grappiolo, Nicoletta Negro e Giovanna Rolandi.

“Vescovo- conclude D’ Amaro- sotto il suo atteggiamento mite nasconde uno spirito beffardo, riesce a colmare le tante amarezze della vita con la convinta certezza di dare dimostrazione di come l’arte vera, quella che induce alla meraviglia, che costringe a ragionare, esiste davvero e lo dimostrano i suoi lavori che, in effetti, finiscono con il risvegliare totalmente il nostro interesse”.
CLAUDIO ALMANZI