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‘Ndrangheta nel Ponente ligure: condanne in appello, ma pene ridotte dai giudici

Maxi operazione dei Ros: 20 arresti a Genova, Calabria e all’estero
Un'operazione dei Carabinieri del Ros (foto di repertorio)

‘Ndrangheta in Liguria. Processo La Svolta bis. Oggi in Corte d’Appello a Genova sono state quasi tutte confermate le condanne per i presunti boss e affiliati di Bordighera, dopo una prima condanna in primo grado, una assoluzione in appello e un annullamento con rinvio da parte della Cassazione.

In particolare, i giudici hanno condannato a 10 anni e sei mesi Giovanni Pellegrino (pena confermata), a 9 anni e tre mesi Roberto Pellegrino (10 anni in primo grado) e a 10 anni Maurizio Pellegrino (16 anni in primo grado).

Sette anni ciascuno per Antonino Barilaro, Vincenzo Marcianò, Omar Allavena e Giuseppe Cosentino (avevano tutti 7 anni e sei mesi in primo grado).

L’inchiesta dei carabinieri, scattata il 3 dicembre del 2012, portò allo scioglimento del consiglio comunale di Ventimiglia e di Bordighera.

Il Consiglio di Stato, però, aveva stabilito che non vi erano gli elementi per far decadere le amministrazioni di centrodestra guidate da Gaetano Scullino e Giovanni Bosio.

Il primo cittadino di Ventimiglia e il city manager Marco Prestileo erano stati accusati dall’ex segretario generale Achille Maccapani. Anche i giudici della Suprema corte, come quelli di primo grado e d’appello, lo hanno ritenuto inattendibile, confermando le assoluzioni.

I processi in primo grado a Imperia e in appello a Genova avevano tuttavia portato alle prime condanne per la presunta associazione  di stampo mafioso in Riviera, sottolineando la presenza della criminalità organizzata calabrese che aveva come referente la famiglia Marcianò a Ventimiglia.

In primo grado era stata riconosciuta la presenza di una ‘locale’ anche a Bordighera, riconducibile alle famiglie Pellegrino e Barilaro.

Il processo di secondo grado, invece, negò questa possibilità, che era fondata su dichiarazioni di alcuni pentiti.

In primo grado Giuseppe Marcianò (morto nel gennaio scorso) era stato condannato a 15 anni e 4 mesi e il figlio Vincenzo a 7 anni e sei mesi, con loro, per il 416 bis, vennero condannate altre otto persone.