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L’ombra di una talpa, i siciliani: stutiamo i telefoni. Risentimento contro Anzalone

Giovanni Toti e Stefano Anzalone (foto di repertorio)

Maxi inchiesta corruzione a Genova e in Liguria per corruzione, che ha portato agli arresti domiciliari per Giovanni Toti, Aldo Spinelli, Matteo Cozzani, e in carcere per Paolo Emilio Signorini.

Secondo quanto emerso dalle carte della giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Genova Paola Faggioni, il 30 settembre 2020 Umberto Lo Grasso detto “Pupillo” (consigliere comunale di Genova della Lista Toti per Bucci), indagato per favoreggiamento nell’inchiesta che ha portato all’arresto ai domiciliari di Toti, avrebbe avvertito i fratelli Testa e altre persone che c’era un’inchiesta in corso e sarebbe stato opportuno “non parlare al telefono”.

A quanto pare, anche Italo Maurizio Testa sarebbe stato a conoscenza dell’attività dei magistrati: “Sì, lo so, non ti preoccupare. L’ho stutato”.

“La giornata é minuziosamente preparata dai fratelli Testa – é la ricostruzione della gip genovese – che organizzano un incontro con alcuni membri della comunità riesina di Genova per festeggiare il risultato elettorale e per ritirare da loro alcuni curricula da consegnare, nel pomeriggio, a Matteo Cozzani (l’ex sindaco di Portovenere e attuale capo di gabinetto di Toti, arrestato ai domiciliari con l’aggravante mafiosa, ndr)”.

I rappresentanti della comunità di Riesi a Genova, Arturo Angelo Testa (nominato nel marzo 2023 responsabile di FI a Boltiere di Bergamo) e Italo Maurizio Testa (ex consigliere provinciale di FI in Lombardia), indagati per corruzione elettorale con l’aggravante mafiosa “per aver commesso il reato di corruzione elettorale al fine di agevolare Cosa Nostra, e in particolare il clan Cammarata del mandamento di Riesi”, si trovano in un bar con altri esponenti della comunità siciliana. Non sanno di essere osservati dagli investigatori che prendono nota di “una persona vestita con una felpa rossa e un cappellino blu” che si avvicina a Italo Testa.

“Il captatore attivo sull’utenza cellulare di Testa consente di intercettare quanto il soggetto (Lo Grasso) riferisce a quest’ultimo: ‘Vedi che stanno indagando, non fate nomi e non parlare al telefono’. Maurizio Testa lo rassicura: ‘Sì, lo so, non ti preoccupare. L’ho stutato’ (spento in dialetto siciliano, ndr)”.

Dal 24 settembre 2020, poi, il neo consigliere regionale Stefano Anzalone, indagato per corruzione elettorale senza l’aggravante mafiosa, sempre secondo l’accusa, non risponde più ai gemelli riesini.

Questo crea un po’ di subbuglio tra chi si lamenta perché avrebbe bisogno di parlarci, come Maurizio Di Carlo “interessato a procurare un posto di lavoro per il figlio della propria compagna”.

E’ Maurizio Testa, sempre secondo l’accusa, a chiarire le ragioni della mancata risposta: “Adesso, essendo consigliere, lui adesso ha il telefono controllato, dunque bisogna stare attenti talmente che noi non gli mandiamo niente, niente di niente. Non ci risponde più e ci ha mandato a vie traverse il perché”.

La gip Paola Faggioni riferisce poi del “forte risentimento” maturato nei fratelli siciliani contro Stefano Anzalone perché non risponde più. “Ha dimostrato di essere nenti (niente in sicliano, ndr) come lo vedo gli dirò: ‘Che minchia di cristiano sei?’. Questo e’ scappato, non si fa proprio sentire”.