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L’Intervista I Roberto Borri: “Ferrovia Genova–Acqui–Asti, una storia lunga quasi 130 anni”.

Riportiamo questa interessante intervista, realizzata dall’Ing. Carlo Rosellini, esperto di saldatura in campo ferroviario, all’Ing. Roberto Borri (foto sotto a destra), esperto in trasporti ferroviari ed appassionato di storia delle ferrovie Italiane. Roberto Borri è anche un quotato Medico Chirurgo.


– Ing. Borri, abitando vicino ad Acqui Terme Lei è un utente della linea ferroviaria Acqui – Genova, oltreché un esperto di trasporti ferroviari e un appassionato di storia delle ferrovie Italiane. Può darci qualche indicazione riguardo alle caratteristiche di questa linea?

“Cominciamo col dire che già dal 1894 – spiega Borri – quando fu realizzata la galleria che valicava gli Appennini sotto il Turchino, questa venne con lungimiranza costruita già a doppio binario e con pendenza minore rispetto al resto della linea. L’anno prima, e precisamente il 25 giugno 1893 – quando era aperta solo la tratta a Nordovest di Ovada – la testata Le cento Città d’Italia scriveva: “Un avventuroso evento allieterà fra poco tutta la fertile e popolosa regione Acquese: l’apertura di quella grande e bella linea ferroviaria, che fu il suo sospiro costante per un ventennio e ieri ancora pareva il sogno d’una mente inferma”.

– Questo vuol dire che, già allora, c’erano degli Amministratori capaci di vedere lontano?

“Sì, infatti, quella è stata un’opera che ha tolto il Monferrato dall’isolamento, grazie all’On.le Giuseppe Saracco, il quale svolse, a suo tempo, egregiamente il compito di dare piena attuazione alla legge che ne deliberava la costruzione, nonostante i numerosi oppositori, anche allora esistenti. Purtroppo, con lo scorrere del tempo, alle ferrovie e, in particolare, alle tratte impropriamente considerate minori, è stata, ingiustamente assegnata una patente di obsolescenza, tanto da fare di tutto per liberarsene, dovendo seguire il nuovo feticcio su gomma e asfalto: a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, molti binari furono smantellati ed ora, non solo a causa del crescente inquinamento, ma anche a causa della crescente congestione del traffico, qualcuno inizia a percepirne la mancanza ed a prendere cognizione di quanto avventati fossero quei tagli”.

– Lei pensa che questa tratta potrà essere in futuro a rischio di ulteriori riduzioni, se non addirittura di chiusura di alcune tratte?

“A rischio di chiusura no – conferma Borri – stante il numero sufficientemente alto di utenti, molti dei quali pendolari, e, soprattutto, la classificazione come linea d’interesse militare, però, già al momento di convertire l’elettrificazione, da corrente alternata trifase a corrente continua, nel 1974, tra Ovada ed Acqui Terme e, nel 1976, fino ad Asti, qualcuno ventilò l’ipotesi di eliminare definitivamente la catenaria di alimentazione, per tornare alla trazione termica, come, nel 1973, sulla Ceva – Ormea”.

– Secondo Lei, possono essere previsti interventi migliorativi della linea?

“Al momento di costruire l’autostrada A26, qualcuno si domandò sull’opportunità di migliorare il tracciato della ferrovia, in maniera tale da avere un tracciato più amichevole anche per l’autostrada, con indubbi vantaggi per entrambe le infrastrutture, ma non se ne fece nulla; anzi, nell’ultimo decennio del secolo scorso, cominciò la soppressione di alcune corse, non tutte sostituite con autoservizio, in nome di chissà quale criterio. Successivamente, per colpa della regionalizzazione del trasporto pubblico locale, il servizio fu diviso in due tronconi, senza più alcun treno che copra l’intero percorso da Genova ad Asti, senza rottura di carico ad Acqui Terme e fu addirittura paventato il rischio di rottura di carico ad Ovada, seguendo i confini geografici delle Regioni, anziché ricalcare le vecchie gestioni dei Compartimenti ferroviari, come, meno sventatamente, poi, fu, effettivamente, messo in pratica”.

– In sostanza, Lei ci sta dando la conferma che il trasporto ferroviario locale è sempre quello più penalizzato?

“Con la regionalizzazione spinta – spiega Borri – si è venuta a creare una forte dicotomia, con servizi a lungo percorso da una parte e locali dall’altra, e con il poco lusinghiero risultato di avere la sopravvivenza delle sole categorie estreme (o Rapidi o Regionali, senza nulla o quasi in mezzo, salvo la reintroduzione dei Regionali veloci, categoria ibrida tra Diretti ed Espressi di un tempo, ndr) e, sulle linee complementari come la nostra, gli unici treni superstiti sono quelli con fermata in tutte le stazioni e, come dicevamo dianzi, limitati ad Acqui Terme. Nondimeno, si fa finta di ignorare che la nostra linea è parte di un itinerario che, da Genova, conduce ad Aosta, toccando un solo grosso nodo ad Asti, tanto che, nel 1912, la linea Asti – Chivasso, quella stessa linea Asti – Chivasso sospesa nel 2012 ed ora assoggettata a lavori di ripulitura finalizzata alla rimessa in esercizio, almeno turistico, fu appositamente costruita con quella finalità, come testimonia il piano binari nella stazione porta del Canavese”.

– Quali sono le principali istanze che provengono da parte degli utenti della linea Genova – Acqui Terme – Asti?

“C’è da rilevare che, di fronte ad un’Amministrazione Regionale Piemontese palesemente latitante, anzi, dichiaratamente ostativa nei confronti delle ferrovie, adducendo le motivazioni meno credibili quali impedimenti e realizzando il proverbiale muro di gomma, da parte dei Cittadini delle zone attraversate, per il tramite degli ill.mi Sigg. Sindaci, loro rappresentanti, vi sia un’accorata e motivata richiesta di un servizio ferroviario migliore, a vantaggio dei residenti, ma anche dei turisti, i quali, specie nelle Nazioni situate oltr’Alpe, sono più avvezzi all’uso del treno”.

– Dal punto di vista tecnico quali sono, secondo Lei, le principali manchevolezze della linea?

E qui Borri precisa: “La mancata risistemazione della frana di Mele, che affligge la linea da ben 21 anni, grida vendetta, tenendo conto che il punto di passaggio dal doppio al semplice binario, al momento, si trova sotto la galleria del Turchino, in corrispondenza del segnale di protezione della stazione di Mele, anziché alla sua radice lato Genova, e che la velocità massima ammessa è di soli 30 km/h. Purtroppo, avendo ceduto il casello a privati, non è più possibile realizzare un terzo binario, a meno di eseguire lavori che comportino ingenti spese, tuttavia, si potrebbe suddividere la galleria in quattro sezioni di blocco, aumentando la capacità della linea. Proseguendo con la disamina tecnica, ovviamente, non si può fare altro che approvare la proposta di ripristino dei binari d’incrocio a Visone, Molare e Genova Granara; quest’ultima stazione, oltre ad essere trasformata in semplice fermata, deve patire l’assenza pressoché totale di collegamenti, ridotti a due sole coppie al giorno, pur avendo tutti i treni, approssimativamente, la stessa traccia, indipendentemente dall’avere o meno la fermata in Val Varenna. La stessa operazione di ripristino dei binari eliminati si può, parimenti, compiere tra Acqui Terme ed Asti, dove le eradicazioni sono state decisamente più energiche: oltre a Nizza Monferrato, abbiamo due sole possibilità d’incrocio a Mombaruzzo ed a Montegrosso d’Asti, ma in queste stazioni è stato eliminato il terzo binario da entrambi gli scali. Fortunatamente, in questa tratta, il raddoppio tra Nizza Monferrato ed il portale della galleria tra Vigliano d’Asti e Mongardino non presenta particolari problemi, essendovi solo una galleria di circa 250 metri tra Agliano d’Asti – Castelnuovo Calcea e Montegrosso d’Asti; verso il mare, invece, occorre una progettazione ed una programmazione adeguata, per tacere dei costi, non di certo trascurabili. Una considerazione a parte merita lo scalo di Molare, costruito, in verità, già nel Comune di Ovada: uno spostamento in direzione di Acqui Terme consentirebbe di servire meglio il centro storico e di collegarlo con percorsi pedonali protetti o con marciapiedi mobili. Sul fronte della velocità, qualcosa si potrebbe guadagnare sostituendo i raccordi cubici con altri clotoidali ed aumentando alquanto la sopraelevazione nelle curve: tempo fa, si parlava di ammettere i 120 km/h, ma, nelle tratte a semplice binario, molto possono fare i deviatoi percorribili a 60 km/h anziché a 30. Inoltre – sembrerebbe banale ricordarlo – occorrerebbe istituire treni con poche fermate accanto a quelli con fermata in tutte le stazioni: la ferrovia è un sistema di trasporto che deve la sua versatilità anche alle circolazioni eterotachiche, ma va da sé che l’infrastruttura debba essere correttamente dimensionata.

È altresì quanto mai d’uopo l’istituzione di servizi senza rottura di carico ad Acqui Terme, anzi, ancora meglio, adoperarsi per il recupero dell’intero itinerario verso le Alpi Graie, così come è superfluo osservare l’estrema inappropriatezza della riduzione dei servizi nel bel mezzo dell’estate: bella ed alta stagione”.

– Ing. Borri, La ringraziamo per questa interessante intervista.

“Grazie a Voi e buon lavoro!”.

CARLO ROSELLINI