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L’Himalayan Smokey Steel si racconta…

L’Himalayan Smokey Steel si racconta...
L’Himalayan Smokey Steel

Buongiorno, mi chiamo Smokey Steel, sono una Himalayan di colore grigio e vorrei raccontarvi l’esperienza che ho fatto con una persona di nome Roberto che mi ha portato in giro per la Liguria per qualche giorno.

Con lui ci siamo conosciuti una sera di ottobre, al casello di Genova Nervi.

Appena lo ho visto mi sono subito rasserenata, sapete io di mestiere faccio la moto-demo ed ho sempre un po’ paura delle mani che possono stringere il mio manubrio.

A volte capita chi mi fa girare fino alla zona rossa, chi prende a calci il mio cambio e chi se ne frega di me tanto dopo mezza giornata non mi vedrà più.

Quel Roberto invece mi ha tranquillizzato, vestito con abiti tecnici e con un lessico appassionato che mi ha fatto capire tutta la sua vera curiosità.

E’ salito in sella con sicurezza e mi ha portato tranquillamente a casa sua, o meglio, nel suo box dove aveva preparato un posto tutto per me.

Il giorno dopo siamo partiti verso la sua strada preferita, il passo del Turchino e poi quello del Faiallo.

Sentivo che si divertiva a pennellare le curve una dopo l’altra lungo una strada che conosce molto bene, sicuro e disinvolto come in una danza.

Ho capito che apprezzava la mia tenuta di strada, il mio modo leggero di affrontare la salita.

Si, lo so, tutti dicono che ho un motore poco potente, ma i miei ventiquattro cavalli ti comunicano il piacere di andare guardando il paesaggio tutto attorno, in tranquillità.

Chi cerca adrenalina e cattiveria con me ha davvero sbagliato strada. Roberto invece non ha sbagliato affatto e, dopo l’entroterra mi ha portato in riviera.

E qui ci siamo divertiti assieme lungo le mille curve dell’Aurelia con il mare accanto.

Mi sono sentita sicura e a mio agio. Un giorno abbiamo preso l’autostrada e siamo andati verso il centro città. Beh ammetto, qui sono stata un po’ in difficoltà, la mia velocità di crociera è un po’ ridotta ma, se non si ha fretta, è un piacere anche qui.

Eccoci quindi nel centro di Genova. Un traffico incredibile mi ha accolto ma, con la mia agilità mi sono districata tra le auto lente in coda e mille veicoli che affollano la Superba. Lui, era ben contento di svicolare meglio di uno scooter tra le file di mezzi che si muovevano a rilento. Ah dimenticavo, prima di puntare verso il capoluogo, Roberto ha trovato un tratto di strada sterrata. Per un attimo si è fermato ed ha guardato cosa fare.

Pensavo che tornasse indietro e invece ha ingranato la prima ed è partito sulla terra battuta in piedi sulle pedane con una discreta abilità. Non avrei creduto. Mi ha confessato che si sentiva come tanti anni in fà in sella al suo centoventicinque… Si sentiva che era contento. Comunque non è sempre andato tutto bene.

Ad un tratto abbiamo litigato. Continuava a dirmi che freno poco, che l’anteriore ha poco mordente e che potrei migliorare. Mi sono offesa. Gli ho detto di imparare a guidare piuttosto che criticare e ho tenuto il cruscotto imbronciato per almeno dieci chilometri. Lui allora per fare pace mi ha detto che non si aspettava dei consumi così contenuti e che sono una bella moto, maneggevole e dalla linea unica. Da allora sono tornata a sorridere.

Abbiamo anche portato un passeggero, che continuava a dire che sono molto comoda e che la mia sella è accogliente. E lui chiedeva continuamente se ci fossero dei difetti e la risposta era sempre negativa.

Un altro punto a mio favore. Ammetto, anche nelle foto sono riuscita proprio bene, con le mie due borse laterali in alluminio che fanno molto globetrotter…

Dopo qualche giorno in sua compagnia mi sono quasi abituata alla presenza di Roberto e, un giorno in cui credevo di fare l’ennesimo giro, invece mi ha riportato indietro al mio legittimo proprietario. Quel tratto di strada mi è piaciuto poco e niente. Mi ha messo sul cavalletto ed ha iniziato a raccontare dei percorsi fatti, dei diversi posti dove siamo stati e la sua voce era davvero emozionata.

Ha lasciato le chiavi, si sono stretti la mano e lui è andato via con il casco in mano. Lo ho salutato da distante e ho sentito una gocciolina scendere dalla corona del faro anteriore. Ma forse era solo un po’ di condensa… (ha collaborato Roberto Polleri).