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Il Nano Morgante | La lampada di Aladino

Pregiudicata ruba cellulare ad una partita di pallone e scappa: arrestata

Una moltitudine di speranze sono appese al nostro smart-phone.

Tale è la sensazione che ispira osservare come viene trattenuto saldamente in mano, e perennemente in vista, tale strumento di comunicazione.

Si direbbe che in quell’involucro iper-tecnologico siano conservati ben più dei nostri contatti telefonici e delle “app”: i nostri desideri, il nostro stesso destino.

Da tale irreversibile contiguità si deduce l’indissolubile legame social-sentimentale  tra soggetto & oggetto, tra persona & strumento.

E stante che “soggetto”, etimologicamente,  significa “sottoposto, subalterno”, il tipo di legame rivela da subito la propria natura vacillante e la propria identità ancillare.

Ciò prospetta una lotta impari: da un parte, l’uomo col suo insaziato senso di solitudine e, dall’altra, lo strumento-feticcio, provvidenziale deus-ex-machina, indispensabile mezzo di connessione.

Ecco che, nella martoriata psiche dell’umano contemporaneo, si inocula il germe di una dipendenza da medium,  porta di accesso ad una vita parallela, s-comodamente virtuale.

Tuttavia, le condizioni in cui si svolge il legame indicano solo l’apparenza di un accomodamento, in realtà  un bilico emotivo, una costante e fremente attesa di qualcos’altro.

Definire “oggetto” tale strumento, come lo era il vecchio telefono fisso, pare, a tutti gli effetti, tanto fuorviante quanto ingenuo, giacché il vincolo in cui esso incardina la vita dell’individuo non può di fatto conformarsi ad un concetto “snello” (smart, appunto) .

Trasponendo ogni eventuale effetto collaterale, è ora sufficiente calibrarne la funzione in termini d’immagine quotidiana: la sua con-sustanzialità  suggerisce una certa deriva dell’individuo,  in specie assumendo l’asserzione di McLuhan: “ogni nuovo medium inebetisce l’utente”.

Questo insidioso oceano virtuale di contatti, questa costante condivisione on-line,  favoriscono l’umano tentativo di esaudire ad una richiesta di realtà parallela ed alternativa.

Come la “lampada di Aladino”,  anche il nostro strumento, per semplice sfioramento,  è in grado magicamente di avverare il desiderio di tale dimensione aliena di esistenza.

Opportuno è quindi trovare il tempo di riflettere su tale condizione, partendo magari dalla considerazione che, alla luce dei fatti, “l’unico pianeta alieno è la Terra” (cit. JG Ballard).

Massimiliano Barbin Bertorelli