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Il Nano Morgante | Il terreno fertile della socialità

Il Nano Morgante | Il terreno fertile dell socialità

In contro-tendenza al taglio economico apportato oggidì al tessuto dei sentimenti, si consideri sempre e comunque un buon investimento riaccostare l’uomo alle proprie spontanee emozioni.

Tale accostamento è una necessaria reazione a questo work-in-regress umano, all’impoverimento affettivo che quotidianamente ristagna, seppur oggetto di investimento etico e di un pensiero tanto massificato, quanto astratto.

Ciò si esemplifica,  massimamente,  nell’usuale esercizio di una malriposta idea di autonomia,  che non può placare, né , convincere, le fondamentali istanze interiori in cui l’essere umano (non) trova sostegno e sano nutrimento.

Permanendo in questo genere di riflessione, ne consegue  l’improvvido progetto di spodestare la qualità sacra ed arcadica dalla nostra esistenza, distanziandosene irrimediabilmente come “su un piano inclinato di 55 gradi dove è impossibile non scivolare” (cit. Dostoevskij).

Questa autonomia, frutto di una forma di astenia intellettiva, è preceduta dal servaggio  fluttuante per idoleggiati pensieri, esposti in bella vista a quell’ emporio dell’apparenza che bene identifica il contemporaneo modello di esistenza.

In relazione a tale asservita condizione, si può comunque convenire, o dissentire, sulla bontà di un principio economico applicato, per prassi,  alle dinamiche interpersonali. E’ facile osservare, in tal senso, l’alterata ed artificiosa inter-azione tra sentimenti in senso astratto e loro malsana pratica quotidiana.

Di tale “tessuto economico-affettivo”, che indossiamo ogni giorno,  riusciamo persino ad essere orgogliosi.

Insomma, nella ricorsività delle vicende, il presente sopporta il difettoso stato di lucidità dell’uomo, che, non aderendo minimamente alla propria dimensione originaria, reputa di trovare la propria felicità su un terreno differente ed estraneo al “terreno della socialità”.

E’ la dimensione che, per estensione, mi porta a menzionare l’affermazione di Freud: “la felicità é soddisfazione ritardata di un desiderio preistorico”.

Mutuo da ciò, in conclusione, il personale pensiero che solo ri-attingendo ai desideri affettivi dell’infanzia possiamo riconsegnarci la serenità da adulti.

Massimiliano Barbin Bertorelli