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Carlo Felice, ciclo Beethoven III: giovedi 19 maggio 2022 ore 20

Carlo Felice, ciclo Beethoven III: giovedi 19 maggio 2022 ore 20
Speranza Scappucci (Foto Dario Acosta)

Speranza Scappucci dirige l’Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice nell’ultimo appuntamento dedicato al Genio di Bonn

Il Ciclo Beethoven si conclude con un terzo appuntamento sinfonico-corale giovedì 19 maggio alle ore 20.00.

Speranza Scappucci, sul podio dell’Orchestra e del Coro del Teatro Carlo Felice, preparato da Francesco Aliberti, dirige la Sinfonia n.7 in la maggiore op.92 di Ludwig van Beethoven preceduta, in un viaggio nel tempo dal presente “à rebours”, dalla prima esecuzione italiana di Barcarola di Paola Prestini del 1996, ispirata alla lirica La barcarola di Neruda; prosegue con Litanies à la Vierge Noire, del 1936, di Francis Poulenc e si conclude con la ballade La mort d’Ophélie di Hector Berlioz, nella versione del 1848 per coro femminile e orchestra.

Racconta Paola Prestini: «Barcarola è un lavoro per orchestra che ho scritto da studente, alla Juilliard School. Non è mai stato presentato ufficialmente, ma è stato eseguito alla Alice Tully Hall dalla Juilliard Orchestra.

Il lavoro è dedicato a Speranza Scappucci, amica e compagna di studi alla Juilliard.

L’opera, in un movimento unico della durata di 15 minuti, ha la forma di un’onda, trae infatti ispirazione dalla poesia La barcarola di Pablo Neruda, in cui il desiderio è associato all’oceano e alle sue tempeste.

La poesia evoca, in un insieme spettrale e sensuale, diversi suoni: il suono del vento, la sirena da nebbia, il battito del cuore.

Sono entusiasta di presentare Barcarola a Genova, e farlo con  Speranza Scappucci: è la realizzazione di un sogno, che evoca un bellissimo ricordo degli anni in cui abbiamo vissuto insieme la Juilliard e New York».

Hector Berlioz (Côte-St.-André 1803 – Parigi 1869) compone La mort d’Ophélie nel 1842, su testo di Gabriel Legouvé da Shakespeare, memore della doppia fascinazione subita, da parte del drammaturgo inglese e della prima interprete di Ofelia in Amleto, nella Francia degli anni ‘20 dell’Ottocento: Harriet Smithson, destinata a diventare pochi anni dopo moglie di Berlioz. La prima versione della ballata, per voce e pianoforte, inizia con il pianoforte che evoca lo scorrere delle acque in cui la fanciulla finirà per annegare.

Il piano gioca un ruolo prominente lungo l’intera composizione, e la virtuosistica parte vocale di Ofelia è tra le più  memorabili di Berlioz. Il lavoro è stato successivamente rivisitato per coro femminile (soprano and contralti) e orchestra o pianoforte, e incluso nella raccolta op.18 Tristia (Cose tristi, di ovidiana memoria) pubblicata nel 1848.

Dopo la morte del padre, nel 1917, Francis Poulenc (Parigi 1899 – Parigi 1963) si disinteressò alla religione; fu la morte di uno dei suoi amici a riportarlo alla fede, e a innescare una nuova fase creativa, di cui le Litanies à la Vierge Noire dal 1936 rappresentano un passaggio importante, come racconta lo stesso compositore: «Tanto quanto mi è impossibile esprimere un’ardente convinzione politica, quanto mi sembra del tutto naturale credere e praticare la fede. Sono cattolico. È la mia più grande libertà. La dolce indifferenza della mia famiglia materna, tuttavia, mi ha  portato a una lunga crisi di fede. Nel 1936,  approfittando della mia collaborazione con Yvonne Gouverné e Bernac a Uzerche, chiesi a quest’ultimo di portarmi a fare un giro in macchina a Rocamadour. Ero appena venuto a conoscenza, della morte del mio collega Pierre-Octave Ferroud.

La vita spirituale riprese ad attrarmi. Rocamadour finì con il riportarmi alla fede. Questo santuario, uno dei più antichi in Francia, presenta ogni aspetto di attrattiva. Abbarbicato in pieno sole su di un vertiginoso pendio roccioso, Rocamadour è un luogo di pace straordinario. Preceduta di una corte, piena di allori e rose, una modesta cappella, costruita per metà nella roccia, ospita una statua miracolosa della Vergine.

La sera stessa  iniziai a scrivere le Litanies à la Vierge Noire per coro femminile e organo. In quest’opera, ho cercato di rendere il senso di “devozione paesana” che tanto mi aveva colpito in quel luogo sacro».

La settima Sinfonia di Ludwig van Beethoven (Bonn 1770 – Vienna 1827), definita da Wagner “l’apoteosi della danza”, per il ritmo e l’impulso cinetico,  è stata composta da Beethoven tra il 1811 e il 1812, durante il suo soggiorno a Telpliz in cerca di una cura contro gli effetti dell’ipoacusia. I suoi quattro movimenti  – Poco sostenuto. Vivace, Allegretto, Presto, Allegro con brio – sono concatenati dal “tactus” che percorre in profondità tutta l’opera in un graduale  crescendo d’intensità metrica, tenendo tale “danza delle sfere a misura d’uomo” (R. Wagner) tutt’assieme unita, e caratterizzata da un’irresistibile senso di ineluttabilità. ELI/P.

Programma

PAOLA PRESTINI

Barcarola (prima italiana)

FRANCIS POULENC
Litanies à la Vierge Noire

HECTOR BERLIOZ
La Mort d’Ophélie op.18 n.2

LUDWIG VAN BEETHOVEN
Sinfonia n.7 in la maggiore op. 92